Suburra, titolo del film del 2005 diretto da Stefano Sollima e diventato anche una serie televisiva, ha un significato antico che rimanda direttamente al termine latino Subura, ossia sub urbis. In questo modo, in particolare, si indicava una zona di Roma particolarmente popolare e malfamata.
Collocato tra i Fori Imperiali e il Colosseo, il luogo è oggi identificabile con il Rione Monti, primo e più grande rione della capitale diventato particolarmente di moda per la sua vita notturna e culturale. Nel III secolo a.c., però, non era esattamente così. Il posto, infatti, pullulava di abitazioni piuttosto fatiscenti, bettole e lupanari. Il che voleva dire una grande frequentazione di gladiatori, prostitute e avventurieri.
Ma a muoversi furtivi tra le vie della Suburra in piena notte, magari accompagnati da delle guardie del corpo, non erano solo i ladri e gli assassini. Grazie ai diversi locali dove poter sperimentare nuove forme di piacere senza timore di alcun giudizio, infatti, molti nobili ed alte cariche della Roma imperiale potevano essere viste frequentare questi luoghi. Stando a quanto scritto da Tacito e Svetonio, ad esempio, la moglie dell’imperatore Claudio, Valeria Messalina, era una delle habitué della Suburra. Qui era solita arrivare travestita da prostituta usando il nome di Lisisca ed un abbigliamento che non lasciava dubbi sulle sue intenzioni. A caratterizzarlo, infatti, era un trucco pesante e dei capezzoli dorati.
Tra i frequentatori più importanti di Suburra, poi, spicca anche il nome di Nerone. Sembra, infatti, che l’Imperatore si recasse nei vicoli e nelle locande travestito da mendicante per cercare di conoscere gli umori e l’opinione del popolo. Una lista, dunque, particolarmente nutrita di grandi personalità cui si aggiungono anche Giulio Cesare e il poeta Marziale. In questo caso, però, entrambi devono le loro origini alla Suburra essendo nati proprio in questa zona.
Stando a tutto questo, dunque, si comprende perché Suburra sia stato scelto come titolo per il romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, poi ripreso dal film di Sollima, per raccontare l’evoluzione moderna della mafia romana.