Stefano Dal Corso, nato nel 1980, era un detenuto romano, tossicodipendente, morto nel carcere di Massama a Oristano, il 12 ottobre 2022. Il suo decesso è stato archiviato come suicidio, ma le parole di un supertestimone rivelerebbero una verità diversa. Due operatori del carcere, infatti, avrebbero ucciso l’uomo, testimone involontario del rapporto sessuale tra i due, all’interno dell’infermeria. Dal Corso era l’ultimo di una famiglia con dieci figli, una storia difficile alle spalle, e aveva una compagna e una figlia piccola.
Nato nel nel popolare quartiere del Tufello, a quattro anni fu messo in un istituto e all’uscita dalla struttura, ha ha vissuto una vita segnata dalla dipendenza da crack ed eroina. Nel 2021 la condanna a meno di due anni di carcere per detenzione di stupefacenti. Condanna comunque agli sgoccioli tra pochi giorni. Inizialmente sconta la pena ai domiciliari a casa della sorella Marisa. Ma quando ad agosto del 2022 viola le restrizioni, per lui si aprono le porte del carcere di Rebibbia.
Oristano entra in gioco nella vicenda, perché contro Dal Corso è in piedi un altro procedimento che prevedeva un’udienza proprio nella cittadina sarda. Dove, peraltro, si trovavano sua figlia di sette anni e la compagna con le quali, al termine della pena, avrebbe voluto ricominciare una vita. Chiede e ottiene il trasferimento che si concretizza il 4 ottobre 2022.
Il 12 ottobre, gli agenti ritrovano il suo corpo senza vita nella sua cella. Dalle prime indagini si ipotizza una morte per soffocamento, autoinflitto. L’uomo infatti ha un segno rosso scuro intorno al collo. All’ipotesi del suicidio la sorella di Stefano non crede. E nonostante l’archiviazione voluta dal gip, inizia la sua personale battaglia per la riapertura del caso. Riuscendo nella missione, visto che dal 4 ottobre scorso il fascicolo sulla morte di Stefano è tra le mani dei magistrati.
“Voglio verità, voglio restituire dignità a mio fratello. Voglio le prove” – ha detto Marisa Del Corso in conferenza stampa alla Camera, dove è stata presentata una interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio, come ha riportato il Corriere della Sera – “Le urla di dolore di Stefano si sentivano in tutta le sezione dove era recluso. Mio fratello, la sera prima del 12 ottobre del 2022, quando venne trovato morto in cella, subì un pestaggio da parte delle guardie. Alcuni detenuti hanno assistito ad un passaggio che noi riteniamo fondamentale. Dopo la lite con altri detenuti, avvenuta l’11 ottobre, ci raccontano i testimoni in un file audio, le guardie entrarono in cella e si sentirono le sue grida di dolore”
Lui non si sarebbe mai tolto la vita, per il suo carattere e per sua figlia
Come detto, le parole di un supertestimone, un ufficiale esterno della polizia penitenziaria, avrebbero, secondo La Repubblica, delineato un quadro diverso. I presunti assassini avrebbero colpito Dal Corso con una spranga e un manganello. Unica colpa dell’uomo, aver assistito a un rapporto sessuale tra due operatori del carcere nell’infermeria. Ad accertare le cause della morte sarà l’autopsia che fino a oggi non era mai stata richiesta. La salma di Dal Corso, infatti, non è stata seppellita e si trova in una cella frigorifera nel cimitero di Prima Porta, a Roma.