Quando è arrivato nelle sale nel 2018, Bohemian Rhapsody ha superato qualsiasi aspettativa, diventando il biopic musicale che ha guadagnato di più in assoluto. Molto di questo successo, però, si deve ovviamente alla fama dei Queen, al carisma di Freddie Mercury (Rami Malek) e ad un finale ricostruito alla perfezione per dare vita a quel pathos e all’emozione che una generazione interna ha vissuto di persona attraverso le immagini del Wembley Stadium.
Il film finisce con lo storico concerto del Live Aid che, nel 1985, ha segnato una delle performer più incredibili della band. In Bohemian Rhapsody, però, si aggiunge un elemento drammatico che, nella realtà, ancora non si è presentato. Poco prima di raggiungere i suoi amici, infatti, Freddie Mercury (Rami Malek) riceve il risultato delle analisi che gli confermano i suoi sospetti: ha contratto l’HIV. Ovviamente tutti i membri della band gli sono accanto e si stringono in un profondo abbraccio, promettendosi di rimanere insieme fino a quando sarà possibile. Nella realtà, Freddie riceverà la diagnosi due anni dopo, nel 1987.
Ma si sa che lo show deve andare avanti. Il giorno del Live Aid è arrivato. Prima di recarsi allo stadio, però, Freddie decide di mettere a posto delle cose nella sua vita. Per questo motivo va a cercare il suo compagno Jim Hutton (Aaron McCusker), per dichiarargli il suo amore, e si reca dai genitori per riappacificarsi definitivamente. Nel frattempo nel backstage del Live Aid è arrivata anche Mary (Lucy Boynton), che non esita stargli accanto in un momento così importante. Una volta salito sul palco Mercury incanta tutti.
In successione coinvolge la folla con brani come Bohemian Rhapsody, Radio Ga Ga, Hammer to Fall, Crazy Little Thing Called Love, We Will Rock You e We Are the Champions. Come se non bastasse, poi, dà prova di tutto il suo talento come frontman dominando e padroneggiando il palcoscenico ed interagendo con il pubblico. La folla è in delirio e mentre i Queen si esibiscono, la cifra raccolta per sostenere le popolazioni dell’Etiopia sale in modo esponenziale. Un particolare che non è assolutamente vero ma che veste alla perfezione il momento cinematografico.
Così, con questa esplosione di vita che è, al tempo stesso, prova d’immortalità e canto del cigno, si chiude il film diretto da Bryan Singer.