Beniamino Zuncheddu, il pastore sardo assolto dopo 33 anni di carcere, è stato accusato della strage di SInnai nel 1991 a causa di tre presunte false testimonianze. Una di queste dovrebbe essere quella del poliziotto che, all’epoca dei fatti, si era fatto carico delle indagini. Questo, infatti, avrebbe mostrato agli altri testimoni una foto di Zuncheddu sollecitandone il riconoscimento.
Un gesto che ancora oggi sembra non avere alcun senso e movente, se non quello di nascondere la verità dei fatti o trovare a tutti i costi un capro espiatorio. Qualunque siano le motivazione, però, oggi hanno ben poco senso, soprattutto per il diretto interessato che si è visto dichiarare innocente per non aver commesso in nessun modo il fatto dalla Corte d’appello penale di Roma.
A suo carico c’erano tre omicidi: quello di Gesuino Fadda, del figlio Giuseppe, entrambi proprietari di oliveti, e del dipendente Ignazio Pusceddu, con i quali Zuncheddu aveva comunque avuto degli screzi, prima della strage, e questo probabilmente ebbe un peso sulla sua condanna. All’epoca Beniamino aveva 27 anni. Oggi, dopo 33 di detenzione, torna ad essere un uomo libero a 59.
“Non ho risentimento per quello che mi hanno fatto. Alla fine non cambia nulla se ti arrabbi. Sono passati 33 anni, ero giovane allora. Ora sono vecchio. Loro mi hanno rubato tutto: la possibilità di avere una famiglia, di costruire qualcosa, di essere un cittadino libero”
In tutti questi anni di battaglie, comunque, Beniamino non è mai stato solo. Il paese, infatti, si è sempre schierato dalla sua parte, nonostante all’uomo venisse chiesto ripetutamente di pentirsi.
“Ma per cosa? Io non devo ravvedermi di nulla. Non devo pagare per ciò che non ho fatto. Non ho mai accettato di farlo, perché non c’entravo niente”