L’Eid al-fitr è la festa per la fine del Ramadan tra le ricorrenze religiose più importanti per le comunità islamiche di tutto il mondo. La parola è composta da due termini, Eid, festa, e Fitr, rottura del digiuno. Il riferimento, come detto, è al Ramadan, il mese sacro, ovvero quello in cui il Profeta Maometto ha ricevuto per la prima volta la rivelazione del Corano direttamente da Dio, in cui i musulmani digiunano dall’alba al tramonto. L’Eid al-fitr dura per tre giorni durante i quali si prega assieme e si banchetta con amici e familiari, scambiandosi doni e indossando vestiti nuovi. Le ragazze, poi, si adornano con tatuaggi tradizionali a base di henné.
Come la Pasqua e lo stesso Ramadan, anche Eid al-fitr non ha una data stabilita, ma varia a seconda del calendario lunare. L’inizio del mese, infatti, è legato all’apparizione in cielo della prima luna nuova. Non solo, ma la data può variare anche da paese a paese, a causa delle diverse posizioni geografiche delle varie nazioni. Non ci sono solo festeggiamenti, però. Si è soliti pregare in gruppo nelle moschee all’alba del primo giorno di festa, con una speciale preghiera che si chiama Salat al-Fajr.
Nei paesi islamici, durante l’Eid al-fitr uffici e scuole sono chiusi. Dopo la preghiera mattutina, si resta in famiglia e si mangiano piatti della tradizione. In particolare dolci a base di datteri, miele e pistacchi. Come il Maamoul un pasticcino fatto con frolla e ripieno di frutta secca.
Per l’occasione si fa anche visita ai propri defunti. E si mette in pratica zakat, l’elemosina, uno dei cinque pilastri dell’Islam assieme alla testimonianza di fede (shahada), alla preghiera (salat), al digiuno (sawm) e al pellegrinaggio (hajj). In questi tre giorni, infatti, si dona il cibo ai poveri o si fanno elargiscono soldi alle moschee che si occuperanno successivamente di destinarli ai più bisognosi.
Anche le comunità musulmane d’Italia celebrano la fine del Ramadan. A Napoli, per esempio, a piazza del Plebiscito e a piazza Garibaldi, centinaia di persone a piedi nudi (una indossava anche la felpa di Maradona) hanno pregato rivolgendosi a La Mecca. Alla presenza dell’assessora ai Giovani e al Lavoro Chiara Marciani e del prefetto Michele Di Bari. Stesso scenario a Roma, Bologna, Milano. E anche nelle piccole località di provincia.
Quest’anno, però, la terribile situazione di Gaza sta gettando un’ombra sulle celebrazioni. Senza una tregua in Medio Oriente e con almeno 33 mila morti, per la maggior parte donne e bambini, è impossibile festeggiare a cuor leggero. In Israele e Palestina, però, i fedeli musulmani hanno comunque voluto pregare, riunendosi in quasi sessantamila alla moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme Est, in un clima di fortissima tensione. I palestinesi della Striscia di Gaza si sono raccolti per le strade di Rafah, tra le macerie.