I pro-life sono persone appartenenti al movimento antiabortista. Fanno parte cioè di organizzazioni e associazioni che si oppongono, tra le altre cose, all’interruzione volontaria di gravidanza.
Le associazioni pro-life, in sostanza, ritengono l’embrione umano equivalente in tutto e per tutto a un essere umano. Qualsiasi operazione che ne preveda l’eradicazione dall’utero materno, insomma, equivale a un omicidio. Se un embrione, che rappresenta il primo stadio dello sviluppo umano, è un essere umano, dovrebbe godere, per i pro-life, del diritto alla vita.
I pro-life, dunque, sono antiabortisti, ma si oppongono anche alla ricerca sulle cellule staminali, alla legalizzazione delle droghe, all’eutanasia e al suicidio assistito. Nel caso della piccola Indi Gregory, la bambina inglese affetta da una gravissima malattia incurabile, morta nel novembre del 2023 dopo un lungo caso giudiziario, si opposero con forza alla sospensione delle cure, poi sancite da un tribunale.
In Italia l’aborto è regolato dalla legge 194 del 1978, secondo cui una donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
L’articolo 2 della Legge regola anche la funzione dei consultori, luoghi in cui una donna può discutere e valutare le possibilità di ricorrere all’interruzione della gravidanza. La presenza dei pro-life nei consultori è al momento molto dibattuta. Secondo il nuovo emendamento al disegno di legge del Pnrr, anche i rappresentanti dei movimenti pro-life, che nel testo vengono definiti “soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità“, potranno essere presenti in queste apposite strutture sanitarie. In base alla scelta delle singole Regioni.
L’associazione pro-life più nota della nazione è il Movimento per la Vita, fondato nel 1980. A lui si deve la richiesta del referendum per abrogare la legge 194. Referendum bocciato anche dai cattolici.