Come si fa a spiegare in poche parole un rapporto di amore-non amore così unico come quello che ha unito Salvador Dalí e Amanda Lear? Lo ha fatto la stessa artista-attrice-cantante in un libro, La mia vita con Dalí, in cui dettagliatamente ha ripercorso le tappe di una relazione sui generis, iniziata negli anni ’60 e finita con la morte del pittore spagnolo, nel 1989. Dalí e Lear sono stati una coppia sì, ma senza mai fare sesso, data l’impotenza dell’artista.
I due si conoscono nel 1965 a Parigi. Lear è una studentessa di Belle Arti a Londra, perfettamente a suo agio nella Swinging London. Al momento dell’incontro Dalí, una delle figure artistiche più importanti del secolo, Amanda Tap, coniugata Lear, flirta con un giovane irlandese, amico di Brian Jones, il chitarrista dei Rolling Stones (morto poi nel 1969 a soli 27 anni e membro del Club 27), erede della famiglia Guinness.
Nella capitale francese, però, prova a sfondare come modella. L’agente Catherine Harlé, colpita dal suo fisico longilineo e androgino, la propone a Paco Rabanne. Durante una serata, Lear si siede allo stesso tavolo di Salvador Dalí. Lo detesta e, a differenza del mondo, non ne subisce il fascino.
Dalí tendeva alla calvizie ed era un po’ in carne. Lo trovai presuntuoso e, per essere sincera, ridicolo con i suoi baffi impomatati e il panciotto di lamé dorato. A ogni frase brandiva un bastone da passeggio con l’impugnatura d’oro.
Sarà forse per il carattere forte di Lear che il pittore è attratto da lei, così ambigua ed elegante. Con il passare del tempo, i due si legano sempre di più. Complice un migliore atteggiamento della che inizia ad apprezzare quell’uomo strano. A volte dolcissimo, altre semplicemente fuori di testa. Come quando le dice che le donne sono capaci a far nulla se non figli e le omelette. Un artista che non ha vere relazioni, impotente, contornato da una varia fauna di personaggi a cui dà soprannomi strani, che per lo più ne sfruttano fama e denaro. Salvador Dalí è inoltre sposato con Gala, una donna dal carattere particolare legata in maniera quasi sadica all’artista. Che di fatto autorizza quel ménage à trois.
Gala accetta la presenza di Lear nella vita del marito. Una presenza che, seppur costante, non è mai asfissiante. Lear infatti è spesso a Londra dov’è una socialite apprezzata. Ogni tanto torna a Cadaqués, dove Dalí vive. La consola quando muore Tara, ma in fondo si sente un’estranea in mezzo a quella corte dei miracoli. Il loro rapporto sarà sempre così, a volte caldo altre freddissimo. Una volta Dalí farà un finto casting di modelli per poter “regalare” a Lear un amante. La cosa non colpisce la donna. E davanti alla proposta di matrimonio del pittore, Lear rifiuta.
Il ’68 è alle porte e con esso tutti gli stravolgimenti del caso. Negli anni a venire, Lear continuerà a essere una calamita per gli artisti. Negli anni ’70 si lega a David Bowie, che in qualche modo tiene a battesimo la sua carriera musicale.
Così, mentre Lear si affaccia al mondo del Pop, Dalí è un vecchio artista sempre più solo (Gala lo “lascia” per vivere con un altro uomo). Non rinuncia però ad aiutare la sua Amanda. Come raccontato da Lear in un’intervista a Mara Venier, è proprio Salvador suggerirle di giocare con la sua androginia.
“Non sapevo cantare e mi serviva pubblicità. L’ambiguità mi ha aiutato tantissimo perché si parlava solo di me. Grazie al mio timbro di voce si poteva credere che fossi un uomo e ci ho giocato molto. Alla fine ha funzionato, non sono stata dimenticata“.
Lear è ormai lanciata. Ogni tanto fa visita al suo “mentore” che muore nel 1989 nella sua casa-mausoleo di Figueres.