Il divorzio, ovvero l’istituto giuridico che fa cessare gli effetti civili del matrimonio, è stato introdotto in Italia nel 1970, durante il Governo Colombo, grazie alla legge Fortuna-Baslini. Il 12 e 13 maggio 1974, il popolo italiano votò in un referendum proposto da Democrazia Cristiana e Movimento Sociale Italiano per abrogare la legge. Le cittadine e i cittadini si espressero con forza in favore del NO, difendendo di fatto il divorzio. Ma cosa succedeva prima dell’introduzione della legge?
La strada per arrivare alla legge sul divorzio è stata molto lunga. Prima dell’Unità d’Italia, le uniche realtà che prevedevano una legge ad hoc erano il Regno d’Italia napoleonico e il Regno di Napoli governato da Gioacchino Murat. In entrambi vigeva il codice civile napoleonico che contemplava il matrimonio civile e il divorzio. Questo non vuol dire che ci si separava con facilità, anzi. Era forte l’influenza della chiesa, che premeva anche sui giudici. E la legge stessa non era di semplice esecuzione.
Dopo il 1861, la prima proposta di legge fu presentata nel 1878 a opera di Salvatore Morelli, da sempre in prima linea nelle questioni di diritto familiare. La bocciatura non lo fermò. Riproposte il progetto di legge nel 1880 ottenendo sempre un no. Altri provarono a seguire la sua strada nel 1882 e 1883. E nel 1892.
Nel 1902 il primo abbozzo di legge sul divorzio, patrocinata dal governo di Giuseppe Zanardelli che propose un disegno di legge sul divorzio in caso di sevizie, adulterio, condanne gravi ed altro. Non passò, ma l’idea rimase comunque viva. Dopo la Prima Guerra Mondiale a scontrarsi sul terreno furono socialisti e Partito Popolare. Con i Patti Lateranensi del 1929, però, una sorta di concordato Stato-Chiesa, il divorzio venne definitivamente accantonato.
Come si divorziava? Solo le persone facoltose potevano farlo, affidandosi alla Sacra Rota, il tribunale ecclesiastico. O rivolgendosi a tribunali di nazioni estere che consentivano il divorzio a cittadini stranieri. Le altre e gli altri si separavano senza legalizzare l’atto, mettendo a rischio la loro vita sociale. Poiché le loro nuove relazioni non avevano alcuna tutela legale. Con conseguenze terribili in caso di nascita di figli e discriminazioni vere e proprie.
Negli anni ’60 il quadro, finalmente, iniziò a cambiare, anche sull’onda delle grandi rivoluzioni culturali internazionali. Nel 1965 il deputato socialista Loris Fortuna presentò alla alla Camera un progetto di legge per il divorzio. Scesero in piazza milioni di persone che chiedevano a gran voce una legge nuova che arrivò il primo dicembre 1970, votata dai partiti laici e di sinistra con il veto di DC e MSI.
Proprio questi due partiti chiesero e ottennero di fare un referendum abrogativo della legge. Molte personalità del mondo dello spettacolo della cultura come Gianni Morandi, Nino Manfredi e Gigi Proietti, diedero il loro supporto ai NO.
Alle votazioni del 12 e 13 maggio 1974 parteciparono l’87,7% degli aventi diritto. I no, quindi a favore della legge, furono il 59,3%, mentre i sì furono il 40,7%. La legge sul divorzio restò in vigore. Molti cattolici votarono per il NO, nonostante le ingerenze della Democrazia Cristiana e del Papa, che in quella domenica durane il Regina Coeli a piazza San Pietro, non rinunciò a esprimere il suo pensiero, nonostante il silenzio elettorale.
Noi non romperemo ora il silenzio di questa giornata, destinata per gli Italiani alla riflessione decisiva, in rapporto con uno dei più gravi doveri per i credenti e per i cittadini, in ordine al bene della famiglia. Noi inviteremo soltanto a mettere questa espressa intenzione, implorante sapienza, nella nostra odierna preghiera alla Madonna.
Con il passare degli anni la legge subì delle migliorie, riducendo sensibilmente i tempi per arrivare alla sentenza definitiva di divorzio. Grazie a quel NO gridato a gran voce da donne e uomini nel maggio del 1974.