Marcello Colafigli, soprannominato Marcellone, è un criminale appartenente alla cosiddetta Banda della Magliana, gruppo che terrorizzò Roma e l’Italia dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90. Arrestato qualche ora fa dai carabinieri, era in regime di semilibertà ed era stato condannato all’ergastolo per tre omicidi. Tra cui quello del boss Enrico De Pedis, detto Renatino. Nella trasposizione cinematografica e televisiva di Romanzo Criminale, libro scritto nel 2002 da Giancarlo De Cataldo, Marcello Colafigli è Bufalo. Francesco Venditti lo interpretò nel film di Michele Placido. Il ruolo andò ad Andrea Sartoretti, invece, nella serie cult di Stefano Sollima.
Marcello Colafigli nasce a Poggio Mirteto, piccolo comune alle porte di Roma, il 12 novembre 1953. Sopravvive a un parto gemellare che vede invece la morte del fratello. Inizia gli studi come geometra, ma ben presto si avvicina all’ambiente della mala romana, anche grazie all’influenza dell’amico Franco Giuseppucci, detto Er Negro. Si fa strada soprattutto per la sua grande forza fisica e la spietatezza delle reazioni che gli fanno conquistare il nome di Marcellone.
Fa parte del nucleo storico della Banda della Magliana, partecipando al rapimento del duca Grazioli, considerato l’atto di nascita dell’organizzazione, il 7 novembre 1977. La sua presenza è accertata in tutti gli omicidi di rilievo della Banda. Da quello di Franco Nicolini, che permetterà al gruppo di mettere le mani sui guadagni delle scommesse ippiche a quello del commerciante Sergio Carozzi.
Negli anni ’80 Colafigli gestisce la zona di spaccio di Roma Sud, quindi Magliana e San Paolo. L’eroina arriva dal clan mafioso di Totò Riina. Finisce in galera a seguito dell’omicidio di Maurizio Proietti, in un agguato voluto per vendicare la morte di Giuseppucci. Tuttavia, una volta in carcere Colafigli riesce a uscire grazie a perizie psichiatriche finte che lo portano in vari istituti in giro per l’Italia. Scenario, questo, che si verificherà spesso nella sua vita.
Quando la Banda della Magliana inizia a mutare per diventare un gruppo più imprenditoriale, Colafigli decide di aderire alla “corrente” opposta a quella dei testaccini, guidata da Enrico De Pedis. Matura quindi l’idea di ucciderlo.
Approfitta di un permesso premio, evadere dal manicomio, assumendo l’identità di Vito Berdini. E la mattina del 2 febbraio 1990 colpisce De Pedis davanti al suo negozio di antiquariato a via del Pellegrino, vicino a Campo de’ Fiori. Colafigli finisce in manette in Germania ed è destinato a un ospedale psichiatrico giudiziario. La polizia lo cattura di nuovo il 26 luglio, mentre era in macchina a San Paolo. Condannato all’ergastolo per tre omicidi, ottiene l’infermità mentale per psicosi schizofrenica paranoide e sindrome borderline. Nel 2021, in regime di semilibertà, viene pizzicato mentre dialoga con dei pregiudicati in un bar di Ostia e va in carcere.
Poche ore fa l’arresto, nell’ambito di un’operazione contro il traffico internazionale di stupefacenti, che gestiva nonostante il regime di semilibertà.