Amelia Earhart non ha mai amato rientrare nel ruoli prestabiliti scelti per la donna dalla società bigotta dei primi del novecento. Nata in un. paesino del Kansas nel 1897, invece, ha preferito sempre rincorrere una sua personale visione di vita dove l’indipendenza era rappresentata soprattutto dalle incredibili imprese aeree di cui è diventata protagonista.
Amelia, infatti, è passata alla storia per essere stata la prima donna a sorvolare l’Atlantico in solitaria. Il volo, però, è anche la grande passione che spezzerà la sua vita, facendola entrare in una leggenda avvolta di mistero. Nel luglio del 1937, infatti, scompare in volo ed il suo corpo non verrà mai più ritrovato.
La scoperta di una passione
Epilogo tragico a parte, però, com’è nata la passione di Amelia per gli aerei? Sembra che tutti si debba ad una giornata come tante in cui il padre la porta ad un raduno aeronautico. È il 1920 e al prezzo di un dollaro la giovane Earhart sale su un biplano per un volo turistico su Los Angeles. Da quel momento nasce un’amore destinato a definire la sua esistenza. Quella sera stessa, infatti, annuncia alla sua famiglia il desiderio d’imparare a volare.
A farle lezione è Anita Snook, pioniera dell’aviazione ma certo non gratuitamente. Per questo motivo la Earhart va alla ricerca di molti e diversi lavori per pagarla. Solo un anno dopo arriva l’aiuto della famiglia. La madre, infatti, la sostiene economicamente nell’acquisto il suo primo biplano giallo vivo che chiama Canary e con cui stabilisce il record femminile di altitudine. Nel 1923 consegue il brevetto da pilota, sedicesima donna al mondo a ottenerlo.
I primi successi e la trasvolata atlantica
Da quel momento la stampa inizia ad interessarsi a lei e al suo talento. Nonostante questo, però, la vita di Amelia non sembra aver subito nessun cambiamento sostanziale. La svolta arriva, come spesso accade, con una telefonata. Nello specifico quella del capitano Hilton H. Railey. La sua proposta è incredibile: partecipare a una trasvolata atlantica e diventare la prima donna ad attraversare l’Oceano in volo.
Tutta l’impresa è sponsorizzata dall’ereditiera Amy Phillips. A proporre il nome di Amelia, invece, è George Palmer Putnam, editore che pubblicherà l resoconto dell’avventura, 20 Hours – 40 Minutes e altri due libri della Earhart , l’autobiografia Felice di volare e Last flight.
La partenza avviene il 17 giugno 1928. In questo caso, però, Amelia non è sola. Con le ci sono un meccanico e il pilota Wilmer Stultz . Di fatto, come lei stessa ha puntualizzato più di una volta in diverse interviste, non è stata altro che un bagaglio, visto che non ha mai preso in mano i comandi.
Tutt’altra questione, invece, è la sua prima trasvolata in solitaria che avviene il 21 maggio 1932. Vola da sola da Terranova a Londonderry in 14 ore e 56 minuti. L’impresa le vale la medaglia d’oro della National Geographic Society, consegnata al suo ritorno a New York e che lei accetta a nome di tutte le donne. Ma le imprese di Amelia non sono certo finite qui. Dopo l’Oceano Atlantico, infatti, è la volta del Pacifico, partendo da Oakland per arrivare a Honolulu.
L’impresa finale intorno all’Equatore
In pochi anni, dunque, Amelia riesce ad incarnare per la società un nuovo modello di femminilità, tanto da attrarre riviste di moda come Vogue e creare una collezione di abiti per donne sportive. Le lusinghe del successo, però, non riescono a tenerla lontana dal volo. Per questo motivo decide di accettare la sfida più grande: il giro del mondo introno all’Equatore.
E’ la primavera del 1937 e l’impresa appare iniziare subito con diverse difficoltà, piccoli incidenti e false partenze. Il 1 giugno, comunque, riesce a decollare da Miami e, dopo alcuni scali in Sud America, Africa, India e Indocina l’Electra atterra a Lae, in Nuova Guinea, il 29 dello stesso mese. Ha percorso già 35.000 km, restano gli ultimi 11.000 sopra il Pacifico. I più rischiosi.
Il 2 luglio Amelia compie quello che sarà il suo ultimo decollo da Laes. La difficoltà maggiore è rappresentata dalla lunghezza della tratta e dalla scarsa visibilità. La destinazione è Howland, una striscia di terra in mezzo al mare a 4.113 km di distanza. Da lì, passando per Honolulu, avrebbe dovuto completare il giro a Oakland.
In mare due imbarcazioni seguono la rotta compiuta da Amelia per sostenerla in caso di difficoltà o per aiutarla nel mantenere la rotta. Nonostante queste precauzioni, però, non tutto va come programmato. Le comunicazioni radio non funziona nel migliore dei modi e la visibilità si fa sempre più difficile.
In breve viene persa ogni traccia dell’aereo, di cui forse solo oggi abbiamo notizia. E che per essere rintracciato ha visto il dispiego dei forze organizzate per le ricerche: 9 navi, 66 aerei e una spesa complessiva di 4 milioni di dollari.
L’8 luglio vengono sospese le ricerche ma il marito George non si arrende e organizza una spedizione privata. Anche questa non porta a nessun tipo di risultato e Amelia viene dichiarata ufficialmente morta nel 1939. Di lei si ricordano le parole lasciate all’interno di una lettera inviata al marito poco prima di partire.
Sappi che sono consapevole dei rischi che corro, e se lo faccio è perché lo voglio. Le donne devono provare a fare ciò che fanno gli uomini e, quando falliscono, il loro insuccesso deve essere una sfida per gli altri.