Il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, ovvero il World Refugee Day. Le Nazioni Unite commemorano così l’approvazione nel 1951, da parte dell’Assemblea generale dell’ONU, della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati. Il primo World Refugee Day è stato celebrato il 20 giugno del 2001. In certi frangenti si parla anche di Giornata Mondiale dei Profughi, anche se i termini non sono propriamente sinonimi. Il profugo è in via generale chi fugge dal proprio paese per cause di forza maggiore: guerre, invasioni, cataclismi. Se il profugo non oltrepassa i confini nazionali, si parla di profugo interno. Quando si parla di rifugiato, invece, ci si riferisce a uno status preciso sancito dalla convenzione di Ginevra, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi il 28 luglio del 1951.
Ella o egli è una persona che:
“temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese“.
Lo status di rifugiato, in Italia, si ottiene tramite richiesta di asilo politico. Il richiedente asilo è una persona che, in attesa della decisione definitiva sul suo status di rifugiato, ha diritto di soggiornare regolarmente nel paese. Persino in mancanza di documenti d’identità o in maniera irregolare.
Come si ottiene lo status di rifugiato
Per tutti i dettagli più specifici, vi lasciamo qui il link alla sezione specifica del Ministero dell’Interno.
In maniera sintetica però tracciamo qui i passaggi principali per la richiesta dello status di rifugiato. Che iniziano con la compilazione del Modello C3, un documento dove il richiedente asilo dovrà lasciare dati anagrafici, generalità e tempistiche varie relative alla fuga dal proprio paese e alla data di arrivo in Italia. Il modulo sarà corredati da foto e impronte digitali.
Il modulo si presenta in questura o alla polizia di frontiera. E si completa con un colloquio fatto con l’ausilio di un mediatore culturale, in una delle commissioni territoriali che si trovano in Italia, gestite dal Ministero dell’Interno.
Una commissione composta da rappresentanti dell’UNHCR, Prefettura, Polizia di Stato ed ente territoriale di riferimento, decide se ammettere o respingere la richiesta. Nel caso di non accettazione, si procede all’espulsione. Solitamente, si rifiuta lo status di rifugiato a chi si è macchiato di gravi reati.
Se la domanda è accettata, sono riconosciuti tutti i diritti e i doveri dei cittadini italiani, ad eccezione di quelli per i quali è richiesta la cittadinanza italiana (il diritto al voto o la partecipazione ai concorsi pubblici). Quindi:
- il permesso di soggiorno per asilo politico
- la possibilità di trovare lavoro e di studiare
- l’accesso alle prestazioni dell’Inps e del Servizio Sanitario Nazionale
- il diritto a ricongiungersi con i parenti più prossimi
- la possibilità di chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza in Italia invece che 10
- un titolo di viaggio che equivale al passaporto.