Quando il 10 luglio del 2019 vide la luce l’ultimo Maggiolino Volkswagen della storia, gli occhi degli appassionati di morti si sono inumiditi. Perché quel veicolo tutto tondo ha rappresentato tanto per tante persone. E che fosse un’auto speciale lo si capiva già dal nome, scelto apposta perché la sua foggia ricordava quella del simpatico insetto. Ma la responsabilità di questo battesimo, non fu dei tedeschi, quanto degli americani. Era il 1949, la Seconda Guerra Mondiale era finita da qualche anno e la Germania, la grande sconfitta, spedì a New York due modelli Volkswagen per un’esposizione. In quel momento gettò i semi di una rinascita, favorita da quella macchina tutte curve che conquistò il pubblico d’Oltreoceano al primo colpo. Il New York Times ribattezzò il modello The Beetle, il maggiolino. E da lì fu storia.
Più o meno il riferimento entomologico rimase anche nelle altre lingue, anche se i termini in questione si riferiscono alla parola scarafaggio-scarabeo. Käfer in Germania, Beetle e Bug nel Regno Unito e negli U.S.A., Kever nei Paesi Bassi, Escarabajo in Spagna. In Francia si chiama Coccinelle, mentre è Fusca in Brasile.
Nel 1955 uscì dalla fabbrica il milionesimo Maggiolino, lanciando definitivamente la produzione su scala mondiale. Fortunatamente, la vita sa essere molto ironica a volte. Una macchina nata sotto il Terzo Reich, anzi voluta da Hitler in persona per dare l’idea di una Germania all’avanguardia e sempre in movimento, è diventata negli anni il simbolo della libertà giovanile. Una vera icona degli Hippies.
Ma anche l’emblema del cinema per famiglie Disney con le storie di Herbie, il dolcissimo protagonista motorizzato della saga del Maggiolino tutto matto. Nato per opera del leggendario ingegnere tedesco Ferdinand Porsche il Maggiolino, che all’epoca si chiamava semplicemente Volkswagen Typ1, lasciò a un certo punto la Germania per approdare in Messico, dove appunto l’ultimo modello del New Beetle, forte di un restyling che rappresentò l’ennesimo successo, fu messo in produzione.