Un innegabile senso dell’ironia, una penna tagliente, un amore incondizionato per la cucina e, soprattutto, l’idea che il romanticismo non sarebbe mai morto. Queste sono solo alcune delle caratteristiche che hanno composto la personalità di Nora Ephron, giornalista, scrittrice e sceneggiatrice mancata troppo presto il 12 giugno 2012. A lei si deve la nascita di un personaggio indimenticabile come quello di Sally, protagonista di una delle ultime screwball comedy della storia del cinema: Harry, ti presento Sally.
Ma, allo stesso tempo, Nora è diventata anche un simbolo di rivincita, utilizzando ironia, senso del ridicolo ed una sana dose di distacco. D’altronde sua madre le ha sempre insegnato che qualsiasi esperienza può essere d’ispirazione. Una frase che, nel corso degli anni, la Ephron ha interpretato così.
“Credo che mia madre intendesse dire che quando scivoli su una buccia di banana, la gente ride di te. Ma quando sei tu a raccontare di essere scivolato su una buccia di banana, la risata è la tua, quindi diventi un eroe piuttosto che la vittima“.
Volevo essere Dorothy Parker
Fin da bambina, Nora Ephron ha un solo ed unico desiderio: diventare Dorothy Parker. Un sogno che l’accomuna a molte giovani ragazza degli anni sessanta. Le stesse che, munite del talento per la scrittura e di una macchina da scrivere, tentano la fortuna New York. Nel 1962, dunque, Nora si trasferisce a Manhattan, cercando di diventare “l’unica donna al tavolo”.
La sola personalità femminile capace di riassumere, fascino, sagacia e talento. Ben preso, però, si scontra con i suoi modelli e non certo perchè sono troppo salti. Anzi, crescendo ed accumulando esperienza piomba nel pieno di una nuova considerazione del suo idolo. Gli scritti della Parker, infatti, cominciano a deluderla, evidenziandosi come del materiale ordinario.
Cosa succede a quel punto? Per una giovane donna caparbia, neolaureata a Wellesley e con l’obiettivo di diventare una giornalista, l’unica soluzione è trovare una voce personale. E la Ephron ci riesce impegnandosi in un modo del tutto peculiare. Come ricordato da Kristin Marguerite Doidge, autrice di Nora Ephron: A Biography, dopo il lavoro s’immergeva completamente nelle sue letture. Un’attività che non è ricreativa ma le serve come allenamento critico, per assorbire un testo e improvvisarci su. Tutto questo mentre svolge un lavoro piuttosto semplice per Newsweek come lo smistamento della posta.
La sua grande occasione arriva con lo sciopero dei giornalisti del 1962, che fece chiudere le maggiori testate della città. In quell’occasione l’editore le fa una richiesta particolare: scrivere una parodia della rubrica di gossip tenuta da Leonard Lyons sul New York Post. Una sfida ovviamente accettate e che riesce ad attirare l’attenzione dell’editore del giornale, valendo alla giovane Nora il suo primo grande incarico. Da quel momento, dunque, nasce una professionista dalla voce riconoscibile ed unica, capace di scrivere con partecipazione come se stesse chiacchierando intimamente con i propri lettori. Uno stile che, successivamente, è risultato vincente anche nella sua carriera di scrittrice.
Affari di cuore, mettere in gioco se stessi
È facile utilizzare dei toni lievi quando si parla di fatti che non ci coinvolgono. Cosa accade, però, quando si è i protagonisti di una vicenda poco piacevole? Ancora una volta Nora Ephron dimostra come tutto sia possibile, soprattutto utilizzando autoironia e intelligenza. Il suo primo grande successo editoriale, infatti, Affari di cuore, è un racconto semiserio sul suo matrimonio disastroso con Carl Bernstein, giornalista, noto soprattutto per il Watergate. Questo la tradisce mentre è incinta, diventando, nel tempo, il protagonista maschile del romanzo e, poi, del film Heartburn – Affari di cuore, interpretato da Meryl Streep e Jack Nicholson con la direzione di Mike Nichols. Ma come è possibile riuscire a parlare di un evento così traumatico senza cadere nel vittimismo?
Nora ha una ricetta perfetta: far trascorrere del tempo per guardare gli eventi con un certo distacco, aggiungere un pizzico di amore per la cucina che non guasta mai e, per finire, non. rinunciare ad una scena ad effetto capace di sintetizzare l’intera vicenda. Quale? Ovviamente la storica torta al limone, cavallo di battaglia delle protagonista, che viene sbattuta in faccia al marito fedifrago durante un pranzo con amici. Un piccolo grande gesto che la Ephron veicola con una dose inevitabile di ironia acquisita nel corso degli anni. Perché, come il suo alter ego Rachel Samstat ci ricorda, il primo giorno può non essere diventare e nemmeno il terzo ma, comunque, è possibile iniziare a farci su una risata.
Sally, Kathleen e Annie
Dopo Affari di cuore, Nora Ephron scopre il linguaggio cinematografico che utilizzerà per molto tempo raccontando la sua idea di amore. Una visione fatta di comunicazione all’interno della quale i protagonisti non sembrano costruire una tensione sessuale ma, in realtà, definiscono la nuova geografia amorosa. Tutto parte dal fatto che per Nora la parola è essenziale. È lo strumento attraverso il quale conoscersi e, quindi, dare forma al romanticismo. Non è un caso, dunque, che Harry e Sally, i due protagonisti di Harry, ti presento Sally, trascorrano un anno della loro amicizia a raccontarsi per poi scoprirsi innamorati. In uno dei finali più romantici della storia del cinema.
Allo stesso modo Kathleen, di C’è posta per te, utilizza addirittura la parola permanente, quella scritta, per creare delle moderne odi romantiche. E, per finire, Annie di Insonnia d’amore, si lascia sedurre dalla descrizione di una solitudine e di un amore infinito, affidando le sue possibilità di felicità ad una semplice lettera.
In sostanza, dunque, tutte loro sono dei cloni di Nora. Donne forti, autonome, ironiche, pasticcione e intimamente romantiche. Mille volti attraverso cui la Ephron non solo continua ad ispirare nuove generazioni ma è anche riuscita a diventare, finalmente, l’unica donna al tavolo. Ma solo ed esclusivamente a modo suo.