Le Vele di Scampia sono un complesso abitativo che si trova nell’omonimo quartiere di Napoli. Ideate dall’architetto Franz Di Salvo, sono state costruite tra il 1962 e il 1975. Il loro nome è legato alla forma che ricorda quella delle vele di una nave. Questa sorta di triangolo ha una parte inferiore più ampia che si assottiglia verso i piani superiori.
In origine le vele riunivano 7 edifici su un’area di 115 ettari. Quattro di questi edifici sono stati demoliti (nel 1997, 2000, 2003 e 2020). Ora, due dei tre rimasti saranno buttati giù. Resterà solo la settima Vela, la Vela Celeste, che verrà riqualificata.
Le Vele sono entrate nella memoria collettiva anche per i film a cui hanno fatto da scenario. Primo fra tutti, Le occasioni di Rosa di Salvatore Piscicelli del 1981, poi Diario napoletano di Francesco Rosi nel 1992. E soprattutto, Gomorra di Matteo Garrone.
Dalla speranza al degrado
Le vele nascono come tante operazioni di edilizia economica popolare nell’Italia e nell’Europa degli anni ’60-’70 (Corviale a Roma o le Unités d’habitation di Le Corbusier in Francia) con l’idea di costituire delle piccole unità abitative all’interno, però, di un luogo dove fosse possibile la socializzazione. Quindi con spazi verdi, aree giochi e commerciali e via di seguito.
Negli anni, però, complice l’assenza di presidi dello Stato e il sovraffollamento costante (nel 1980 molti senza tetto dell’Irpinia occuparono abusivamente le case), la zona è diventata preda dei clan camorristici, trasformandosi lentamente in un teatro delle attività criminali più disparate. Prima fra tutte, lo spaccio di droga. Ecco allora i garage usati come zone di traffico. E scale e ballatoi impiegati come vie di fuga e torri di controllo, a mo’ di fortino.
Il modello architettonico delle vele è formato da due blocchi a gradoni, ognuno alto al massimo 14 piani. La parte vuota tra i palazzi è collegata da scale, ascensori e ballatoi. Proprio uno di questi, è crollato nelle scorse ore, provocando due morti e numerose vittime, per la maggior parte bambini.
Le Vele erano così in origine? No. Solo per citare due caratteristiche, i pianerottoli avrebbero dovuto essere trasparenti e non di cemento armato. Anche la forma non avrebbe dovuto essere quella molto squadrata a ziggurat, ma effettivamente più morbida. Inoltre, non sono mai stati predisposti gli spazi comuni ogni sei piani.
Nel 2015 il New York Times aveva affidato a sette archistar internazionali una riflessione su altrettanti luoghi simbolo del degrado urbano. Ada Tolla scrisse questo sulle Vele.
“Se qualcuno mettesse questo complesso davanti a me in questo momento senza aggiungere alcun contesto, nessuna storia, lo considererei un pezzo di architettura davvero forte. Per me è importante riconoscere che le Vele non sono un fallimento dell’architettura, ma piuttosto un fallimento nell’esecuzione e nella gestione. La demolizione è spesso un tentativo di spazzare via le cose sotto il tappeto, e non sembra il modo giusto di imparare dal passato“.