Chi, almeno una volta, non ha guardato Il diario di Bridget Jones desiderando di vivere il suo finale? Il film finisce con la goffa ma simpatica Bridget (Renée Zellweger) si trova faccia a faccia con l’affascinante Mark (Colin Firth), tornato a Londra dagli Stati Uniti proprio per dichiararle il suo amore. Come sempre, però, accade un imprevisto. L’uomo, infatti, legge alcune pagine del diario della ragazza lasciato sul tavolo ed esce dall’appartamento.
Per timore di perderlo nuovamente a causa delle parole scritte su di lui in passato, lo rincorre senza preoccuparsi di essere in biancheria intima. Dopo pochi passi, però, lo vede uscire da un negozio. Non è fuggito. E’ solo andato a comprarle un nuovo diario. Per iniziare un capitolo inedito con lui suggellato dall’immancabile bacio finale.
Tratto dal romanzo omonimo di Helen Fielding e diretto da Sharon Maguire, il film riprende alcune ispirazioni di Orgoglio e Pregiudizio per descrivere il rapporto conflittuale tra Bridget e Mark. Quest’ultimo, infatti, rappresenta alla perfezione la rigidità tipica di un Mr Darcy. Soprattutto se messo a confronto con la superficialità del personaggio di Daniel Cleaver, interpretato da Hugh Grant. Per quanto riguarda Bridget, invece, ha il grande potere di rappresentare la maggior parte della popolazione femminile incarnando un’eroina fuori dagli stereotipi del genere romantico.
Fuma, beve troppo, ha quotidiani problemi con la bilancia, commette errori stupidi uno dopo l’altro. In definitiva, è la protagonista perfetta per attrarre le simpatie di uomini e donne che aspirano a non soffrire più le pene d’amore in un’epoca caratterizzata dal “sesso senza impegno” e dai manuali di autosostegno.
Non è un caso, dunque, il grande successo ottenuto. La Zellweger, infatti, riceve la candidatura agli Oscar come miglior attrice protagonista ed il film diventa il primo capitolo di una trilogia di successo di cui fanno parte Che pasticcio, Bridget Jones! (2004) e Bridget Jones’s Baby (2016).