Ci sono dichiarazioni o aforismi talmente forti da entrare di diritto nella storia. Tuttavia, è un esercizio corretto quello di indagare per capire se quelle frasi siano state davvero pronunciate, in quale modo e in che contesto. A Luis Buñuel, per esempio, si attribuisce da sempre una frase scherzosa sul suo essere non religioso, ovvero “Grazie a Dio sono ateo“.
Ma l’ha pronunciata davvero? Assolutamente no, e lo ha spiegato lo stesso regista spagnolo in un’intervista del 1971 a Mario Foglietti, pubblicata sulla Rivista del Cinematografo. Racconta Buñuel:
“Mi si attribuiscono tante cose che io non ho mai detto né fatto. Quella frase non l’ho mai detta. Ho detto soltanto: “Sono ateo per grazia di Dio”. Il che è diverso“.
Il mistero è dunque svelato, ma in che modo le due frasi sarebbero diverse? Ci lanciamo in un’interpretazione partendo dal fatto che Buñuel fosse davvero rigorosamente ateo. Tuttavia non è la “divinità” ad averlo reso così, concedendogli la possibilità di non credere. È piuttosto una diretta conseguenza dell’essere cresciuto comunque in un ambiente molto religioso.
Come si legge nel libro Sempre ateo, grazie a Dio, pubblicato da e/o, l’autore ammise di essere stato influenzato nel profondo dalla sua educazione religiosa. Anche grazie alla frequentazione delle scuole dei Fratelli delle Scuole Cristiane e di un collegio dei Gesuiti.
“Appartengo, e molto profondamente, alla civiltà cristiana. Sono un cristiano per cultura, non per fede“.
La fede sparisce dalla vita di Buñuel dopo la lettura di L’origine delle specie di Darwin. E di quelle di Sade, Freud e Marx. Durante gli anni universitari, complice l’incontro con Salvador Dalí e Federico García Lorca, l’autore cambia completamente punto di vista.
“Capii che ciò che mi era successo fino a quel momento era semplicemente che mi avevano nascosto la verità, mi avevano ingannato completamente su quanto riguardava la religione, soprattutto la morale“.
E ancora:
“L’ateismo – il mio, almeno – porta inevitabilmente ad accettare l’inesplicabile. Tutto il nostro universo è mistero“.
Da lì in avanti, Buñuel preferì convertirsi al surrealismo. E a soli 29 anni, il suo Un chien andalou cambiò per sempre la storia del cinema. E il modo di raccontare e di vedere i film, come simboleggiato dal potente taglio dell’occhio della protagonista.