Che Carlo Verdone, il cantore di Roma, trovi la sua città invivibile e così sporca da sognare la fuga è una notizia da prima pagina. In effetti, l’intervista concessa a Il Fatto Quotidiano ha scatenato un vero putiferio. Che lo stesso regista ha provato a “calmare”, con una telefonata con il sindaco capitolino, Roberto Gualtieri. Secondo fonti del Campidoglio, infatti, i due si sarebbero sentiti e Verdone ha espresso al primo cittadino tutta la sua stima. Semmai, l’obiettivo dei suoi attacchi erano tutti quei romani che non trattano con amore e rispetto la città.
Ma quali sono state le parole dure di Verdone a Il Fatto Quotidiano?
“Non ne posso più. Ci penso davvero, due o tre volte a settimana: famme scappà via. Non è un problema solo mio, conosco tanti amici che stanno valutando concretamente di andarsene da Roma.
Il caldo rende ancora più invivibile una città così complicata. Ma il declino di questa città non è stagionale, è costante .
Quando c’è stato l’incendio di Monte Mario ero lì vicino, stavo lavorando in piazzale Clodio Ho provato a tornare a casa, ma tutte le strade erano chiuse per far passare i pompieri e la polizia. Ero pure in scooter, in teoria doveva essere più semplice venirne fuori, invece sono finito incastrato in una specie di bolgia infernale: come mi muovevo trovavo una strada chiusa. Ero ostaggio, non riuscivo più a tornare a casa. Ho girato in via Ottaviano, pensavo di salvarmi, non l’avessi mai fatto: un cantiere, altra strada chiusa. Ho scoperto che a Roma ci si può ancora perdere alla mia età.
Il problema è che abbiamo tutti paura che i cantieri si possano allungare oltre misura. Allora no, diventerebbe l’ennesimo guaio. Siamo abituati a un sistema burocratico spaventoso: si rompe un arco, una galleria, arrivano le transenne, ti sequestrano una strada e non sai quando te la ridanno. Entrano in ballo una, due, tre soprintendenze“.
Verdone, poi, ha sottolineato il pessimo stato delle strade, un bagno a cielo aperto.
“Ho sollevato il problema dei gabinetti pubblici, che è sotto gli occhi di tutti. Provi ad affacciarsi per una ventina di minuti da Ponte Garibaldi o da Ponte Sisto, vedrà qualcuno che si cala i pantaloni e lascia un bel ricordo. Glielo garantisco al cento per cento. Mica solo pipì, eh, pure qualche regalo più sostanzioso“.
E poi i gabbiani, l’immondizia, sembra quasi il monologo del protagonista di Gallo Cedrone quando proponeva di cementificare il Tevere per avere una strada in più dove “scorere”.