Ci sono dei quadri che nella storia hanno subito molti tentativi di furto. Uno di questi è sicuramente L’Urlo, se non il capolavoro, di sicuro il quadro più noto di Edward Munch. Il dipinto è stato nelle mani dei ladri per ben due volte. Non si tratta dello stesso quadro, ma di due delle quattro versioni disponibili dell’opera. Partiamo dalla prima, dipinta nel 1893 ed esposta alla Galleria nazionale di Oslo.
Essa fu portata via da due uomini, probabilmente appartenenti a un movimento antiabortista, il 12 febbraio 1994, durante l’inaugurazione dei XVII Giochi olimpici invernali. I malviventi si introdussero nel museo, rubando il dipinto in soli cinquanta secondi. Per prendersi gioco delle autorità, in stile Occhi di gatto, hanno lasciato sul un biglietto con la scritta “grazie per le misure di sicurezza così scarse“. Fortunatamente, l’opera fu ritrovata integra tre mesi dopo in un albergo di Åsgårdstrand. Essenziale il lavoro di due agenti in incognito che si finsero interessati ad acquistare la tela.
La versione dell’Urlo dipinta nel 1910, esposta invece al Museo Munch, fu trafugata il 22 agosto 2004, assieme a una Madonna. L’agguato fu più “traumatico”, visto che il commando piombò all’interno del museo intorno alle 11.10, con maschere e armi, minacciando le guardie. Anche in questo caso, però, tutto è andato per il meglio, visto che le tele sono state recuperate due anni dopo. Tornarono al museo nel 2008 dopo un restauro che ha sistemato i danni procurati dall’umidità.
L’angoscia di un artista
Considerato uno dei capolavori dell’arte moderna, L’Urlo nacque da un’angosciante momento di vita dell’artista. Il quale, in preda a una crisi depressiva fortissima, tradusse in immagini quella dolorosa sensazione. Utilizzando dei colori primari vibranti per dipingere un paesaggio che si “fondeva” assieme all’urlo strozzato della figura umana in primo piano. Raccontò lo stesso Munch nelle sue memorie:
“Una sera camminavo lungo un viottolo in collina nei pressi di Kristiania – con due compagni. Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il Sole calava. Si era immerso fiammeggiando sotto l’orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliava la volta celeste. Il cielo era di sangue – sezionato in strisce di fuoco – le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo – scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso – Esplodeva il rosso sanguinante – lungo il sentiero e il corrimano.
Mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente – ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo – i colori della natura – mandavano in pezzi le sue linee – le linee e i colori risuonavano vibrando – queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie – perché io realmente ho udito quell’urlo – e poi ho dipinto il quadro L’urlo“.
Come anticipato, l’artista ne realizzò quattro versioni tra il 1893 e il 1910, ognuna con delle piccole differenze nei colori e nei dettagli. Questo perché era solito rivisitare e rielaborare le sue opere a seconda dei suoi stati d’animo e usando diverse tecniche. Al Museo Munch di Oslo si trovano una versione a olio e una a pastello. Un’altra versione a pastello si trova in una collezione privata.
L’Urlo divenne celebre negli anni come simbolo dell’angoscia umana. Wes Craven utilizzò il suo volto dallo sguardo vuoto per la maschera di Ghostface in Scream.