Nel 1999, 16 settembre per la precisione, la tv olandese Veronica Channel trasmise la prima storica puntata di Big Brother. Un anno dopo, Canale 5 replica presentando al pubblico italiano il Grande Fratello, il reality che, in quell’occasione, è riuscito a tenere incollati al piccolo schermo un numero incredibile di spettatori. In effetti l’esperimento sociale di rinchiudere un numero preciso di estranei all’interno di un ambiente sconosciuto, obbligandoli ad interagire, aveva una potenzialità non indifferente. Questa, però, non si deve certo all’abilità creativa degli autori televisivi.
Il tema centrale del reality (che torna puntuale stasera con l’edizione 2024) e le sue conseguenze nascono dalla mente dello scrittore George Orwell e, in modo particolare, dalle pagine del suo romanzo dispotico 1984. qui, infatti, viene dipinta l’immagine di una società inquietante dominata da un regime totalitario che sorveglia costantemente ogni aspetto della vita dei suoi cittadini. Il Grande Fratello, dunque, è una figura onnipresente il cui compito è proprio quello di controllare movimenti, parole e pensieri di ogni singolo individuo.
Le telecamere, i microfoni e gli schermi invadono spazi pubblici e privati , trasformando la vita in una continua performance sotto gli occhi del potere. Partendo dal romanzo di Orwell, dunque, si comprende come il nome Grande Fratello non sia stato certo scelto a caso, ma con l’intenzione di evocare determinate atmosfere e, soprattutto, degli schemi comportamentali e delle tecniche di controllo.
La prima è, senza ombra di dubbio, il controllo costante. Come nel romanzo 1984, infatti, i concorrenti sono sotto costante osservazione. Le telecamere li seguono 24 ore su 24, cercando di catturare ogni parola e, soprattutto, emozione. In questo modo, dunque, si va creando una sorta di vulnerabilità con conseguenze psicologiche. Un altro aspetto, poi, che riprende il mondo immaginato da Orwell è la manipolazione della realtà. Dal punto di vista televisivo questa si applica attraverso l’intervento degli autori. le prove, le interazioni personali e le dinamiche di gioco sono spesso frutto del loro intervento esterno. Lo scopo è creare delle situazioni conflittuali per dare spettacolo.
Ultimo elemento essenziale è il voyeurismo di massa. Il successo della trasmissione, infatti, si basa essenzialmente sulla curiosità degli spettatori. In questo modo le persone si trasformano in voyeur che s’intrufolano nella vita privata dei concorrenti per soddisfare un bisogno di pettegolezzo. Una dinamica diserta che rimanda alle masse che, in 1984, assistono con indifferenza alle torture e alle esecuzioni pubbliche. Per tutti questi morivi, e per il livello sempre più basso di alcune interazioni, il reality ha iniziato a suscitare non poche polemiche, mettendo in evidenza i limiti della privacy fin troppo valicati e, soprattutto, un’inevitabile indottrinamento verso “il basso” da parte dei media. In sostanza, dunque, la realtà immaginata da Orwell non è poi così fantasiosa.