Il 18 settembre 1970, il mondo della musica perdeva una delle sue stelle più luminose: Jimi Hendrix. Secondo l’autopsia la causa del decesso fu l’asfissia da soffocamento, provocata dal vomito conseguente all’ingestione di una quantità eccessiva di barbiturici. Hendrix, infatti, aveva assunto nove compresse di Vesparax, un potente sedativo, mischiate ad alcol. La sua ragazza, Monika Dannemann, presente nella stanza al momento del decesso, raccontò di averlo trovato privo di sensi e di aver immediatamente chiamato i soccorsi.
Il leggendario chitarrista, all’apice della sua carriera, veniva così trovato senza vita nel suo appartamento londinese del Samarkand Hotel al 22 di Lansdowne Crescent. Aveva solo 27 anni. La sua morte, improvvisa e prematura, ha lasciato un vuoto incolmabile nel panorama musicale, facendolo anche entrare nel Club 27, il gruppo di artisti scomparsi tragicamente tutti a 27 anni.
Nonostante la causa ufficiale della morte sia stata accertata, molti aspetti di quella tragica notte rimangono avvolti nel mistero. Perché Hendrix aveva assunto una dose così elevata di barbiturici? È stato un gesto volontario oppure è stato indotto a farlo da qualcun altro? E soprattutto, perché i soccorsi arrivarono in ritardo e non furono in grado di salvargli la vita? Molte domande che, a quanto pare, sono destinate a rimanere senza risposta. E, proprio per questo, nel corso degli anni hanno contribuito alla formazione di diverse teorie.
Alcuni, infatti, hanno sostenuto che il chitarrista sia stato vittima di un complotto governativo, altri che sia stato assassinato da personaggi potenti del mondo della musica. Queste teorie sono state alimentate da un mix di fatti reali e speculazioni, che hanno creato un alone di mistero attorno alla figura di Hendrix, andando ben oltre la fama di alcuni suoi brani storici come “Purple Haze”, “Hey Joe” e “All Along the Watchtower”.