Il Miracolo di San Gennaro è la liquefazione del sangue del santo che avviene all’interno del Duomo di Napoli. La reliquia è conservata in un’ampolla e ha forma solida. Durante la messa tradizionale, un alto prelato mostra l’ampolla ai fedeli e la muove in attesa, appunto, della liquefazione del sangue. Sono tre i momenti in cui Napoli celebra San Gennaro. Nel sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre, anniversario della decapitazione del santo avvenuta nel 305. E il 16 dicembre, giorno in cui ricorre l’anniversario dell’eruzione del Vesuvio del 1631, quando il sangue si sciolse e, miracolosamente, bloccò la lava.
A maggio le reliquie del santo vengono portate in processione. Il 19 settembre, invece, c’è la cerimonia, trasmessa in diretta su Canale 21, al numero 10 del digitale terrestre e in streaming, che ora si celebra nel Duomo per la grande quantità di fedeli e un tempo aveva luogo nella Cappella del Tesoro, a via Duomo 147. Se anche a dicembre il miracolo si ripete, la città sarà protetta dalla benevolenza del santo.
Qual è il cerimoniale?
L’Arcivescovo della città, Domenico Battaglia, si dirige nella Cappella del Tesoro con l’Abate, monsignor Vincenzo de Gregorio, il Sindaco di Napoli (Gaetano Manfredi) e il Governatore della Campania (Vincenzo de Luca) e apre la cassaforte dove sono custodite le ampolle con il Sangue. Poste sul Tronetto, raggiungono l’altare maggiore della Cattedrale.
Alle 10 c’è l’inizio della messa solenne, con l’attesa del miracolo. Alla conclusione della Santa Messa, il prelato percorre la navata centrale e all’esterno della Cattedrale esporrà ai fedeli e alla Città le ampolle con il Sangue. Successivamente, l’ampolla con il Sangue verrà portata sull’altare maggiore, affidata ad un Canonico per la venerazione del popolo fino alle 12.30.
La storia e le controversie del Miracolo di San Gennaro
La prima liquefazione del sangue di San Gennaro sarebbe avvenuta proprio durante il trasferimento delle sue reliquie a Napoli, sotto il regno dell’imperatore Costantino I. Il vescovo Severo (anche se alcune cronache riportano il nome di Marciano), traslò dall’Agro Marciano, nella città partenopea, in quelle che sarebbero diventate le catacombe di San Gennaro, le ossa e il cranio del santo. Sulla strada incontrò Eusebia, la donna che amorevolmente raccolse il sangue del martire, conservandolo in delle ampolle. A contatto con il cranio di San Gennaro, ci sarebbe stato lo scioglimento del sangue. La cui prima testimonianza vera e propria però risale al 1389.
Eusebia dette vita anche a un’altra tradizione: quella delle parenti. Le donne che con canti e invocazioni accompagnano l’attesa del miracolo. Le parenti, discendenti di Eusebia, sono legate al Santo da confidenza e familiarità. Per questo possono permettersi di chiamare Gennaro “faccia ‘ngialluta”, ovvero faccia Gialla. Cosa che in verità fanno tutti i napoletani.
La chiesa riconosce l’evento come fenomeno prodigioso, e non miracolo. Negli anni molti studiosi hanno analizzato lo scioglimento del sangue di San Gennaro, confutandolo. In particolare, il CICAP, Comitato italiano per le affermazioni sul paranormale, ritiene che sia possibile riprodurre chimicamente il prodigio. Che sarebbe una tissotropia, ovvero il fenomeno fisico che permette lo scioglimento di alcune sostanze allo stato solido grazie al movimento. L’ampolla, in effetti, viene fatta ruotare durante le celebrazioni.