L’espressione “andare a Canossa” viene spesso utilizzata per indicare un atto di sottomissione umiliante, una richiesta di perdono formulata in ginocchio. Ma da dove nasce questa curiosa espressione? E perché è così profondamente radicata nel nostro linguaggio? Per comprendere il significato di questa espressione è doveroso fare un salto indietro nel tempo, fino al 1077. Protagonisti di questa vicenda sono due figure di grande rilievo: l’imperatore Enrico IV e il papa Gregorio VII. In quel periodo, i rapporti tra Chiesa e Impero erano tesissimi. Al centro della questione c’era la cosiddetta lotta per le investiture.
![Un'immagine di Gregorio VII](https://cultweb.it/wp-content/uploads/2025/01/Unimmagine-di-Greogorio-VII.jpg)
Enrico IV, infatti, reclamava un controllo sulla Chiesa e sul potere di nominare i vescovi (l’investitura, appunto). Per questo motivo il papa, desideroso di mantenere la sua autonomia, aveva scomunicato l’imperatore, accusandolo di interferire negli affari ecclesiastici. A quel punto, Enrico IV, consapevole della gravità della situazione e temendo di perdere il sostegno dei suoi sudditi, decide di agire.
Per questo si reca a Canossa, il castello in Emilia Romagna, dove Gregorio VII si era rifugiato. In pieno inverno, Enrico IV si presenta alle porte vestito da penitente, e supplica il papa di revocargli la scomunica. Complice la mediazione di Matilde di Canossa, il pontefice concede il perdono al sovrano.
L’immagine di un potente imperatore in ginocchio davanti a un Pontefice è rimasta impressa nella memoria collettiva tanto che l‘episodio di Canossa diventa ben presto un simbolo di umiliazione e sottomissione.