Con l’arrivo della primavera, milioni di persone riscoprono i disagi delle allergie stagionali: starnuti, occhi irritati, naso chiuso e mal di testa. Ma non si tratta solo di una sensazione soggettiva. I dati confermano che le allergie stanno peggiorando, e la causa principale è il cambiamento climatico. Temperature più elevate, inverni più brevi e primavere anticipate stanno trasformando il comportamento delle piante, rendendo il polline più abbondante, più allergenico e presente per periodi più lunghi.
Le piante rilasciano polline come parte del loro ciclo riproduttivo, ma l’attuale aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, causato principalmente dalla combustione di fonti fossili come carbone, petrolio e gas, sta amplificando il fenomeno. La CO₂ stimola la crescita vegetale e la produzione di fiori, da cui deriva un maggiore rilascio di polline. In parallelo, l’aumento delle temperature anticipa la fioritura, prolungando la stagione pollinica. Negli Stati Uniti, ad esempio, il polline degli alberi compare oggi con circa 20 giorni di anticipo rispetto a trent’anni fa, e in alcune aree si prevede che entro il 2050 la quantità di polline raddoppierà rispetto al 2000.
Non solo la quantità, ma anche la composizione chimica del polline sta cambiando, rendendolo più potente nel provocare reazioni allergiche. Inoltre, l’inquinamento atmosferico interagisce con i pollini, intensificandone l’effetto irritante. Oltre al polline, l’aumento di muffe allergeniche legato a temperature più alte e precipitazioni abbondanti contribuisce a peggiorare il quadro, soprattutto dopo eventi climatici estremi come uragani e inondazioni. In città, i materiali urbani e l’accumulo di calore favoriscono la crescita di piante infestanti come l’ambrosia, una delle principali fonti di allergie in autunno.

Anche le persone senza una diagnosi ufficiale di allergia possono sperimentare sintomi, soprattutto in ambienti con concentrazioni elevate di particelle irritanti. I pollini, infatti, possono penetrare facilmente negli spazi chiusi, passando attraverso le finestre, i condotti dell’aria, i vestiti e il pelo degli animali domestici. Alcuni grani di polline, di dimensioni inferiori ai 10 micrometri, riescono a raggiungere le vie respiratorie profonde, aggravando le condizioni preesistenti o provocando nuovi disturbi.
Fenomeni meteorologici estremi, come le tempeste di polvere o i temporali, possono aggravare ulteriormente la situazione. Esiste infatti una condizione nota come “asma da temporale”, in cui l’umidità e i venti forti frammentano i pollini in particelle ancora più piccole, rendendoli più pericolosi. Allo stesso tempo, il riscaldamento globale rende possibili stagioni di crescita più lunghe per molte specie vegetali, causando la sovrapposizione tra i diversi cicli pollinici: quello degli alberi in primavera, dei prati in estate e dell’ambrosia in autunno.