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Home » Lifestyle » Cibo » C’è un pericolo che si nasconde nel riso integrale, lo rivela una ricerca: ecco qual è

C’è un pericolo che si nasconde nel riso integrale, lo rivela una ricerca: ecco qual è

Il riso integrale contiene più nutrienti ma anche più arsenico rispetto al riso bianco. Ecco perché succede tutto questo.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino14 Aprile 2025
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riso integrale con verdure
riso integrale con verdure (fonte: Unsplash)
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Il riso integrale è spesso percepito come un’alternativa più sana al riso bianco, grazie al suo maggior contenuto di fibre, vitamine e proteine (ed è vero). Tuttavia, uno studio recente condotto dalla Michigan State University e pubblicato sulla rivista Risk Analysis solleva una questione poco nota ma rilevante: il riso integrale contiene livelli più elevati di arsenico, in particolare arsenico inorganico, una forma più pericolosa per la salute umana.

L’arsenico è un elemento presente naturalmente nella crosta terrestre, ma in alcune condizioni può diventare un contaminante alimentare. Il riso, rispetto ad altri cereali, ha la capacità di assorbirne quantità maggiori, fino a dieci volte di più. Questo avviene soprattutto per via del metodo di coltivazione. Le risaie allagate favoriscono l’assorbimento dell’arsenico dal terreno alla pianta. La differenza principale tra riso bianco e integrale sta nel fatto che il riso integrale conserva la crusca, ovvero lo strato esterno del chicco dove si concentra la maggior parte dell’arsenico.

un piatto di riso in bianco
un piatto di riso in bianco (fonte: Unsplash)

Secondo i dati raccolti dagli autori della ricerca, il 48% dell’arsenico totale presente nel riso integrale coltivato negli Stati Uniti è inorganico, contro il 33% del riso bianco. Su scala globale, le percentuali salgono rispettivamente al 65% per il riso integrale e al 53% per quello bianco. Questo non implica un rischio acuto per la salute della popolazione generale, ma può rappresentare un pericolo significativo per i bambini sotto i cinque anni, in particolare tra i 6 mesi e i 2 anni, a causa del rapporto tra quantità ingerita e peso corporeo.

Le fasce più esposte includono anche alcune comunità asiatiche, popolazioni con insicurezza alimentare e chi consuma riso quotidianamente come base della propria dieta (ad esempio le persone affette da celiachia, visto che il riso è privo di glutine). La ricerca sottolinea che la sostituzione sistematica del riso bianco con quello integrale, seppur nutrizionalmente vantaggiosa, non è esente da controindicazioni. È dunque necessario valutare il bilanciamento tra benefici e rischi, soprattutto nei soggetti più vulnerabili.

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