La Repubblica di Venezia, uno degli Stati più potenti e longevi d’Europa, fu scomunicata tre volte nel corso della sua storia. Ogni scomunica avvenne in contesti diversi, ma con un comune denominatore: la difesa dell’autonomia statale contro le pretese della Chiesa.
La prima scomunica risale al 1309, durante la Guerra di Ferrara. Papa Clemente V scomunicò Venezia per l’occupazione della città di Ferrara, formalmente soggetta alla Chiesa. Approfittando del vuoto di potere locale, Venezia aveva imposto la sua autorità sulla città, provocando la reazione del pontefice che impose anche un interdetto contro la Repubblica. Dopo una serie di sconfitte e difficoltà militari, Venezia fu costretta a ritirarsi e la scomunica venne revocata.

La seconda scomunica avvenne nel 1509, durante la Guerra della Lega di Cambrai. Papa Giulio II accusò Venezia di aver occupato territori in Romagna appartenenti alla Chiesa. Il 27 aprile 1509, Giulio II emise una formale scomunica contro Venezia. Poco dopo, il 14 maggio 1509, la Repubblica subì una grave sconfitta nella battaglia di Agnadello, contro le truppe della Lega. Tuttavia, grazie all’intelligenza diplomatica veneziana, la scomunica venne ritirata nel 1510, con Venezia che restituì alcuni territori ma mantenne in gran parte la propria indipendenza.
La terza scomunica si verificò nel 1606, durante il celebre episodio dell’Interdetto veneziano. Papa Paolo V scomunicò Venezia a causa di leggi statali che limitavano l’immunità ecclesiastica e subordinavano il clero alla giustizia laica. Venezia reagì duramente: vietò la pubblicazione dell’interdetto e proseguì le celebrazioni religiose ignorando il provvedimento pontificio. Il conflitto vide protagonista il giurista Paolo Sarpi, che divenne il simbolo della difesa della sovranità civile contro l’ingerenza papale.
Insomma, Venezia rivendicò sempre nella sua storia una posizione di relativa indipendenza dal potere papale, incarnando un modello di “chiesa di Stato” ante litteram.