Nonostante l’aspetto apparentemente placido e le forme massicce che evocano lentezza e docilità, gli ippopotami sono tra gli animali più pericolosi del continente africano. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno gli ippopotami causano la morte di circa 500 persone, un numero sorprendentemente superiore a quello attribuito a predatori più temuti come leoni, leopardi o coccodrilli. Questo dato rende l’ippopotamo il mammifero terrestre più letale per l’uomo, dopo l’uomo stesso.
La pericolosità dell’ippopotamo non deriva da un comportamento predatorio, ma piuttosto dalla sua territorialità, imprevedibilità e forza fisica. Questi erbivori semiacquatici possono pesare fino a 3.200 chilogrammi e correre sulla terraferma a velocità che superano i 30 km/h. In acqua, ambiente che considerano il loro habitat naturale, mostrano comportamenti fortemente difensivi, specialmente quando percepiscono una minaccia nei confronti del branco o della prole. Le aggressioni avvengono spesso nei pressi dei fiumi, dove barche e pescatori entrano involontariamente in contatto con gli animali, sottovalutandone l’aggressività e la rapidità d’azione.

La loro anatomia gioca un ruolo cruciale nella pericolosità. La bocca può aprirsi fino a 150 gradi e le mascelle sono in grado di esercitare una forza di morso più del doppio di quella di un leone. I canini, che possono superare i 50 cm di lunghezza, non vengono usati per nutrirsi, ma sono strumenti di difesa e attacco. I combattimenti tra maschi rivali, per esempio, sono estremamente violenti e spesso letali. Nonostante siano animali erbivori, non è raro che attacchino o uccidano altri animali, e talvolta persino esseri umani, per ragioni legate al territorio.
Studi etologici suggeriscono che la natura aggressiva dell’ippopotamo sia radicata in una complessa struttura sociale. Le femmine vivono con i piccoli in gruppi, protetti da un maschio dominante che può mostrare comportamenti particolarmente ostili verso intrusi o rivali. La comunicazione all’interno del gruppo avviene anche sott’acqua, attraverso suoni a bassa frequenza, e gli ippopotami sono in grado di percepire movimenti e vibrazioni anche a distanza. Questo rende difficile avvicinarsi senza essere rilevati.