La fine dell’universo potrebbe arrivare prima del previsto. Non si parla di domani, ma gli ultimi calcoli indicano che anche le stelle più resistenti, le cosiddette “nane bianche”, finiranno per dissolversi molto prima di quanto gli scienziati pensassero fino a poco fa. A cambiare la prospettiva è uno studio realizzato da tre ricercatori olandesi, che hanno scoperto come anche le stelle dense, non solo i buchi neri, possano lentamente evaporare in un processo simile alla radiazione di Hawking.
Secondo le stime precedenti, basate su modelli che non tenevano conto di questo effetto, l’universo sarebbe rimasto attivo per 10¹¹⁰⁰ anni. Ma con l’aggiunta di questo nuovo meccanismo, il calcolo cambia: l’universo ha una “data di scadenza” di 10⁷⁸ anni. Prima di andare avanti, proviamo a quantificare.
10⁷⁸ anni è un numero che significa 1 seguito da 78 zeri. È un tempo così lungo che non ha niente a che vedere con la storia dell’universo finora. L’universo oggi ha circa 13 miliardi e 800 milioni di anni (cioè 1,38 × 10¹⁰ anni). Ma 10⁷⁸ è milioni di miliardi di miliardi di miliardi di volte più lungo. Quindi, sì, è “più veloce” di quanto si pensasse prima, ma è comunque così lento che per noi, per l’umanità e perfino per le galassie, non cambia nulla. L’universo continuerà a esistere per un tempo quasi infinito.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, si basa su un’estensione del concetto di radiazione di Hawking, teorizzata nel 1975, secondo cui i buchi neri perdono lentamente massa emettendo particelle.
In questo nuovo scenario, anche oggetti come le stelle di neutroni e le nane bianche “evaporano” col tempo, anche se a ritmi lentissimi. Sorprendentemente, le stelle di neutroni impiegano 10⁶⁷ anni per dissolversi, proprio come i piccoli buchi neri stellari, nonostante i loro campi gravitazionali siano diversi. Questo avviene perché i buchi neri non hanno una superficie e possono assorbire parte della propria radiazione, rallentando il processo.
I ricercatori sottolineano che il loro lavoro è serio, anche se affronta concetti quasi da fantascienza. L’obiettivo è comprendere meglio le leggi estreme dell’universo, combinando astrofisica, matematica e fisica quantistica. Capire come e quando finisce tutto può sembrare astratto, ma aiuta anche a interrogarsi su cosa tiene insieme l’universo oggi.