C’è una melodia che, più di ogni altra, ha saputo raccontare l’orgoglio, il dolore e la speranza dell’Italia durante la Prima guerra mondiale: La leggenda del Piave, nota anche come La Canzone del Piave. Scritta nel 1918, pochi mesi prima della fine del conflitto, è considerata il canto di guerra più amato dal popolo italiano, tanto da essere, per un breve periodo, anche inno nazionale, prima dell’adozione ufficiale di quello di Mameli.
Composta dal maestro Ermete Giovanni Gaeta, in arte E.A. Mario, La Leggenda del Piave nasce come omaggio ai soldati italiani che hanno combattuto sul fronte del fiume Piave, diventato simbolo della resistenza e della riscossa nazionale dopo la disfatta di Caporetto. Il testo, semplice e diretto, racconta la guerra con gli occhi di chi l’ha vissuta in trincea: soldati contadini e operai, chiamati a difendere il proprio Paese in un momento critico della sua storia.
Quando l’Italia entra nella Prima guerra mondiale, il 24 maggio 1915, il Paese è spaccato. L’opinione pubblica è divisa tra interventisti e neutralisti. Nonostante l’alleanza con Germania e Austria (Triplice Alleanza), il Regno d’Italia decide di schierarsi con l’Intesa, firmando il Patto di Londra con Francia e Regno Unito. L’obiettivo: ottenere Trento e Trieste, territori allora sotto il controllo austro-ungarico. L’entrata in guerra, però, non è accolta con entusiasmo dalle masse popolari. La mobilitazione avviene in un clima di sacrifici e retorica patriottica, con una guerra che si rivela subito lunga e sanguinosa. Milioni di italiani vengono arruolati e inviati al fronte, in condizioni estreme. È in questo scenario che nasce la leggenda del Piave, fiume del Veneto che diventa linea difensiva fondamentale dopo la ritirata da Caporetto nell’ottobre 1917.
Il testo della Canzone del Piave è strutturato in quattro strofe, che raccontano l’intero arco della guerra: dall’entrata in campo dell’Italia, all’invasione nemica, fino alla resistenza e alla vittoria finale. Il ritornello, “Il Piave mormorò: non passa lo straniero!”, diventa una delle frasi più iconiche della storia nazionale, simbolo di un popolo che si rifiuta di essere sopraffatto.
La canzone del Piave – Testo originale
Il Piave mormorava
calmo e placido al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera,
per far contro il nemico una barriera…
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava
e andare avanti…
S’udiva intanto dalle amate sponde,
soave il tripudiar
d’onde e di fronde.
Era un presagio dolce e lusinghiero…
Il Piave mormorò:
“Non passa lo straniero!”Ma in una notte triste
si parlò di un tradimento,
e il Piave udiva l’irato giuramento.
Oh, il Piave ha visto i fanti
combatter con l’onore,
per respinger il barbaro invasore!
E mille madri han stretto
i figli ancor sul petto,
perché il Piave aveva detto:
“Il nemico non passerà!”Ma il nemico fece un ponte
per passare,
ma il Piave lo guardò
e si gonfiò.
Ed il ponte per l’invasor crollò!
Al rombo del cannon,
il Piave risuonò:
“Non passa lo stranier!”Il Piave mormorava
calmo e placido al passaggio
dei reduci, il ventiquattro maggio.
L’esercito marciava
per tornare alle sue case,
e si sentiva l’eco
del coraggio.
Dai monti al mare
risuonò il coro sacro
dei figli del Piave
che andavan a riposo:
tutti i morti in fila
vedemmo passar.
Il Piave mormorò:
“Mai più lo straniero!”
Nel brano, inoltre, si respira un forte senso di unità nazionale e di riconoscenza verso i soldati. A differenza di molte altre canzoni di guerra dell’epoca, infatti, non esalta il conflitto in modo aggressivo, ma ne sottolinea il carattere difensivo e la necessità di proteggere la patria. Alla fine della guerra, con la vittoria dell’Italia e l’armistizio del 4 novembre 1918, La Canzone del Piave diventa l’inno non ufficiale del Paese, tanto che viene eseguita in tutte le piazze e accolta con commozione ovunque. Persino Mussolini, nel Ventennio, la considererà per un periodo come l’inno nazionale per poi essere sostituita dall’Inno di Mameli nel 1946.