Nel mondo della finanza, una nuova espressione ha preso piede: Si tratta di TACO, acronimo di Trump Always Chickens Out, ossia Trump si tira sempre indietro. Coniata dal giornalista del Financial Times Robert Armstrong, questa sigla è diventata popolare tra gli operatori di Wall Street per descrivere la tendenza del presidente Donald Trump a minacciare tariffe aggressive per poi ritirarsi di fronte alle reazioni negative dei mercati.
Il termine ha guadagnato notorietà quando, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca il 28 maggio 2025, un giornalista ha chiesto a Trump un commento sul TACO trade. Il presidente, inizialmente confuso, ha reagito con irritazione, definendo la domanda “cattiva” e sostenendo le sue politiche economiche come parte di una visione negoziale.

Il TACO trade, dunque, è diventato una strategia di investimento, basata sull’osservazione che i mercati tendono a calare dopo le minacce tariffarie di Trump e a risalire quando queste vengono ritirate. Gli analisti suggeriscono di acquistare durante i cali, prevedendo che le iniziative annunciate da Trump non si concretizzeranno.
Questa, però, non è la prima volta che la parola taco è al centro di polemiche legate a Trump. Nel 2016, infatti, durante la campagna elettorale, aveva pubblicato un tweet in cui si mostrava mentre mangiava un taco bowl, dichiarando “I love Hispanics”. Il gesto è stato criticato come un tentativo superficiale di conquistare il voto latino, suscitando reazioni negative da parte di politici e attivisti. Da parte sua il Messico ha risposto in modo creativo: un ristoratore ha ideato il “taco Trump“, composto da lingua, cervello e muso di maiale, in riferimento alle dichiarazioni del presidente.
In sintesi, TACO è diventato un simbolo delle contraddizioni nelle politiche di Trump, riflettendo la percezione di una leadership imprevedibile e influenzabile dalle reazioni dei mercati.