La spesa militare dei paesi membri della NATO rappresenta uno degli indicatori più significativi dell’impegno dell’Alleanza verso la sicurezza collettiva. Con il recente accordo raggiunto durante il summit dell’Aia, i 32 paesi membri hanno stabilito nuovi obiettivi che ridefiniscono il panorama della difesa atlantica. I leader NATO hanno concordato nelle scorse ore un aumento dell’obiettivo di spesa per la difesa al 5% della produzione economica di ciascun paese entro il 2035, più che raddoppiando il precedente target del 2%. Questo nuovo traguardo è strutturato in due componenti: il 3,5% del PIL destinato alla spesa militare pura (truppe e armamenti) e l’1,5% per investimenti più ampi in difesa e sicurezza, inclusi upgrade infrastrutturali, cybersicurezza e protezione dei gasdotti energetici.
Nel 2024, i paesi membri NATO hanno speso in media il 2,61% del loro prodotto interno lordo per la difesa, ma le cifre variano considerevolmente tra i vari alleati. Secondo le stime NATO, 22 dei 32 membri dell’alleanza hanno raggiunto o superato il benchmark del 2%, con nove paesi che non hanno raggiunto l’obiettivo.
La Polonia guida la classifica con una spesa militare pari al 4,1% del PIL, seguita da Estonia e Stati Uniti al 3,4% ciascuno. Altri paesi che superano significativamente il target del 2% includono Lettonia (3,2%) e Grecia (3,1%). È interessante notare che molti paesi confinanti con la Russia, come Estonia e Lituania, hanno incrementato drasticamente la loro spesa militare rispetto a dieci anni fa, quando investivano meno dell’1% del PIL.
Sul fronte opposto, nove nazioni non hanno ancora raggiunto l’obiettivo del 2%. Canada, Portogallo e Italia hanno speso ciascuno circa l’1,5% del loro PIL per la difesa, mentre Slovenia, Belgio e Lussemburgo si attestano su percentuali leggermente inferiori. La Spagna ha investito la quota più piccola del suo PIL, pari all’1,2%.

Attualmente, nessuno dei 32 membri NATO spende più per la difesa che per la sanità o l’istruzione. Tuttavia, se il nuovo obiettivo del 5% venisse adottato, la situazione cambierebbe drasticamente. 21 paesi che attualmente investono meno del 5% nell’istruzione finirebbero per allocare più risorse al settore militare che alla scuola.
Questo cambiamento di priorità solleva questioni importanti sulla redistribuzione delle risorse pubbliche. I governi dovranno decidere autonomamente dove reperire i fondi aggiuntivi necessari per raggiungere i nuovi target, potenzialmente impattando su settori cruciali come welfare, infrastrutture civili e servizi pubblici.
La spesa per la difesa dei membri europei della NATO e del Canada è stata del 20% più alta nel 2024 rispetto all’anno precedente, un incremento significativo che riflette la crescente preoccupazione per le tensioni geopolitiche, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Dal 2014, quando la NATO ha stabilito i suoi obiettivi di spesa per la difesa, la spesa media complessiva tra gli stati membri è aumentata dall’1,4% del PIL al 2% nel 2024. Questo trend evidenzia come gli eventi geopolitici abbiano catalizzato un rinnovato impegno verso la sicurezza collettiva.
Il raggiungimento del nuovo obiettivo del 5% entro il 2035 rappresenta una sfida considerevole per molti paesi membri. Attualmente solo la Polonia raggiunge quel livello di spesa, mentre la maggior parte degli alleati dovrà quasi raddoppiare i propri investimenti militari nel prossimo decennio.
L’Unione Europea ha già iniziato a facilitare questo processo, permettendo agli stati membri di aumentare la spesa militare dell’1,5% del PIL annualmente per quattro anni senza incorrere in sanzioni disciplinari. Inoltre, è stato approvato un fondo per armamenti da 150 miliardi di euro utilizzando prestiti UE per progetti di difesa congiunti.