Il 15 luglio 1987 segna una data controversa nella storia della televisione britannica: Boy George, al secolo George Alan O’Dowd, venne ufficialmente bannato dai programmi televisivi del Regno Unito. La decisione, drastica e senza precedenti per un artista di tale calibro, fu motivata dalla preoccupazione che il cantante potesse rappresentare un pessimo esempio per i giovani telespettatori.
Gli anni Ottanta, che avevano visto il trionfo mondiale dei Culture Club con successi come “Karma Chameleon”, si trasformarono in un periodo buio per l’artista londinese. La sua immagine androgina e anticonformista, che inizialmente aveva affascinato il pubblico e gli addetti ai lavori, iniziò a essere percepita come problematica dalle autorità televisive britanniche.
Il percorso verso il bando televisivo fu costellato da una serie di eventi che minarono profondamente la reputazione dell’artista. La relazione sentimentale con Jon Moss, batterista dei Culture Club, si concluse in modo burrascoso, creando tensioni all’interno del gruppo che si rifletterono inevitabilmente sulla qualità delle loro performance e sulla coesione della band.
La situazione precipitò quando Boy George sviluppò una dipendenza da eroina nel 1985, dopo anni di uso occasionale di sostanze stupefacenti. Questa dipendenza non solo compromise la sua salute fisica e mentale, ma ebbe ripercussioni devastanti sulla sua carriera e sulla sua immagine pubblica.

Nel 1986, l’artista fu arrestato per possesso di cannabis in Inghilterra, un evento che fece notizia sui tabloid britannici e internazionali. Tuttavia, il colpo più duro arrivò quando Michael Rudetsky, tastierista della band, morì per overdose nell’appartamento di Boy George. La famiglia di Rudetsky intentò una causa per morte colposa contro il cantante, sebbene successivamente persero la battaglia legale.
La decisione di bandire Boy George dalla televisione britannica rifletteva il clima conservatore dell’epoca e la crescente preoccupazione per l’influenza che le celebrità potevano esercitare sui giovani. Le autorità televisive ritenevano che la combinazione di scandali legati alla droga, problemi legali e comportamenti considerati “inappropriati” rendessero l’artista inadatto a essere un modello per le generazioni più giovani.
Questa esclusione mediatica ebbe conseguenze durature sulla carriera di Boy George, limitando drasticamente la sua esposizione pubblica nel Regno Unito proprio nel momento in cui avrebbe potuto beneficiare maggiormente della visibilità televisiva per rilanciare la sua immagine.
Fortunatamente, ora è tutto alle spalle.
Boy George è tornato a Broadway nel ruolo di Harold Zidler nel musical “Moulin Rouge!”. Continua, inoltre, la sua attività di musicista dal vivo. Anche se rischia di perdere il possesso del marchio Culture Club a causa dei debiti accumulati. O’Dowd si è lanciato pure come scrittore, visto che ha pubblicato un’autobiografia di successo intitolata Karma. Nel libro si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, raccontando, per esempio, del suo difficile rapporto con altre celebri pop star come Janet Jackson.