Il nome potrebbe sembrare esotico, ma il virus Chikungunya sta tornando a far parlare di sé anche in Italia, dopo una serie di casi in Francia. La parola, che in lingua swahili significa “ciò che curva” o “contorce”, descrive perfettamente uno dei sintomi più caratteristici di questa malattia: i dolori articolari così intensi da costringere i pazienti a rimanere immobili, assumendo posizioni per limitare il dolore.
La Chikungunya è una malattia virale causata da un virus della famiglia delle Togaviridae, trasmessa all’uomo principalmente attraverso la puntura di zanzare infette del genere Aedes, in particolare la zanzara tigre (Aedes albopictus), ormai comune anche nelle nostre città.
I sintomi iniziano a manifestarsi dopo un periodo di incubazione che varia da 3 a 12 giorni dalla puntura della zanzara infetta. Inizialmente possono essere confusi con una comune influenza: febbre alta, mal di testa, affaticamento e nausea. Tuttavia, il segno distintivo della Chikungunya sono i dolori articolari debilitanti che colpiscono principalmente polsi, caviglie, ginocchia e mani. Mentre la febbre si risolve generalmente entro una settimana, questi dolori possono persistere per settimane, mesi o addirittura anni, rendendo difficoltose anche le attività quotidiane più semplici.
In alcuni casi si possono sviluppare eruzioni cutanee e, più raramente, manifestazioni emorragiche come piccole emorragie cutanee o delle gengive. Le complicanze gravi sono rare, ma possono verificarsi problemi neurologici, soprattutto nei bambini, mentre negli anziani con altre patologie preesistenti, la malattia può essere più severa.

Quello che preoccupa maggiormente è la capacità di questo virus di adattarsi ai nostri territori. Fino a qualche decennio fa, la Chikungunya era considerata una malattia tropicale, limitata principalmente ad Africa, Asia e alcune zone dell’Oceano Pacifico. Oggi la situazione è cambiata drasticamente: il virus è stato identificato in oltre 60 Paesi nel mondo, inclusi diversi Stati europei.
In Italia, il primo campanello d’allarme è suonato nel 2007, quando si è verificato un focolaio in Emilia-Romagna che ha colpito oltre 200 persone. Un secondo episodio significativo si è registrato nel 2017 in Lazio e Calabria. Quest’estate, nuovi casi sono stati confermati in Emilia-Romagna, precisamente a Castel San Giovanni (Piacenza) e Bentivoglio (Bologna), riaccendendo l’attenzione delle autorità sanitarie.
La diffusione del virus è favorita dalla presenza sempre più massiccia della zanzara tigre nei nostri territori. Questo insetto, originario del Sud-Est asiatico, si è perfettamente adattato al clima mediterraneo e si riproduce facilmente anche in piccoli ristagni d’acqua come sottovasi, contenitori e grondaie intasate.
Attualmente non esistono vaccini disponibili in Europa né trattamenti specifici contro il virus Chikungunya. La terapia si limita al controllo dei sintomi con antidolorifici e antinfiammatori.
La prevenzione rimane quindi l’arma più efficace e si basa su due strategie principali: proteggersi dalle punture di zanzara e ridurre i luoghi di riproduzione di questi insetti. È importante utilizzare repellenti, indossare abiti di colore chiaro con maniche lunghe e pantaloni lunghi, soprattutto durante le ore di maggiore attività delle zanzare (mattino e tardo pomeriggio). In casa, si consiglia l’uso di zanzariere e climatizzatori.
Altrettanto importante è eliminare tutti i possibili ristagni d’acqua: svuotare regolarmente sottovasi, innaffiatoi, piscinette per bambini e qualsiasi contenitore che possa raccogliere acqua piovana.
Il virus non si trasmette da persona a persona, ma una persona infetta può diventare fonte di infezione per le zanzare che, pungendola, possono poi trasmettere il virus ad altre persone, creando così nuovi focolai di trasmissione locale.