Lizzie Andrew Borden fu una cittadina americana sospettata di aver assassinato con un’ascia il padre e la matrigna nel 1892. Fu al centro di un famoso processo che si concluse con la sua assoluzione, nonostante numerose prove che sembravano indicare la sua colpevolezza.
Lizzie Borden nacque nel 1860 a Fall River, nel Massachusetts, da Sarah Morse Borden e Andrew Jackson Borden. Il padre, di origini gallesi, pur provenendo da una famiglia agiata, si ritrovò in difficoltà economiche e dovette impegnarsi duramente per recuperare il proprio status. Si fece conoscere inizialmente come costruttore di mobili, in seguito intraprese la carriera di agente immobiliare, gestì industrie tessili e arrivò a ricoprire il ruolo di direttore di banca.
Riuscì a costruirsi una grande fortuna, ma con il tempo diventò sempre più parsimonioso e scrupoloso nelle spese, arrivando perfino a vivere in un’abitazione priva di acqua corrente ed energia elettrica, sebbene alla fine del XIX secolo la maggior parte delle case nei dintorni, in particolare quelle appartenenti a famiglie del suo stesso livello economico, fossero già dotate di questi comfort.

La situazione familiare di Lizzie cambiò dopo la scomparsa della madre e il successivo matrimonio del padre con Abby Durfee Gray, con la quale né lei né la sorella riuscirono mai a instaurare un vero rapporto. Lizzie stessa affermò di rivolgersi alla matrigna chiamandola “Mrs. Borden”, nonostante fosse entrata a far parte della famiglia quando lei aveva solo sei anni. Le tensioni in casa aumentarono con il passare del tempo, soprattutto mentre le sorelle Borden crescevano costrette a una vita modesta, mentre il padre non esitava a fare regali e concessioni ai familiari della seconda moglie, arrivando perfino a donare un’abitazione alla sorella di quest’ultima.
Lizzie e la sorella maggiore Emma, nata nel 1851, risentirono profondamente della tirchieria del padre, che contribuì in modo significativo alla loro difficoltà nel trovare un marito. Entrambe ricevettero un’educazione basata su solidi valori religiosi e si impegnarono in attività caritatevoli presso la Central Congregational Church. Lizzie si occupava della scuola domenicale, svolse diversi incarichi all’interno della comunità religiosa e aderì anche al Movimento della Temperanza, attraverso il quale molte donne americane combattevano contro l’abuso di alcol.
La durezza del padre raggiunse il culmine il giorno in cui, dopo aver fatto eliminare tutto il bestiame di famiglia, arrivò a uccidere con un’ascia i piccioni che Lizzie aveva iniziato ad addomesticare, giustificandosi dicendo che potevano attirare ladri nella loro proprietà. L’episodio lasciò Lizzie profondamente turbata. In seguito, quando si verificò un furto ben più rilevante nella casa dei Borden – nonostante ogni porta fosse sempre chiusa a chiave – Andrew Borden, in modo piuttosto insolito, ritirò la denuncia per la sparizione di gioielli e denaro già presentata alla polizia, sostenendo di conoscere l’identità del colpevole e dichiarando che avrebbe risolto la questione a modo suo.

La mattina del 4 agosto 1892 si svolse senza nulla di insolito. In casa si trovavano Abby, la cameriera e Lizzie. Emma era partita per trascorrere qualche giorno di vacanza presso alcuni parenti lontani, mentre Andrew e John Morse – fratello della sua prima moglie Sarah, in visita alle nipoti – erano usciti. Alle 10:40 Andrew fece ritorno e si mise a leggere il giornale. Lizzie e la matrigna si trovavano ognuna nella propria stanza. Intorno alle 11:10, la domestica Bridget Sullivan udì un urlo angosciante di Lizzie, che aveva appena scoperto il padre morto sul divano e stava chiedendo aiuto. La Sullivan rientrò nella casa insieme al dottor Bowen, medico di famiglia, e alla vicina Adelaide Churchill. Quest’ultima, mentre perlustrava l’abitazione per verificare l’eventuale presenza di intrusi, rinvenne anche il corpo senza vita di Abby Borden. Entrambe le vittime erano state brutalmente colpite alla testa con numerosi fendenti d’ascia.
L’autopsia rivelò che Abby Borden era stata uccisa almeno un’ora prima del marito, in un momento in cui lui non era ancora rientrato a casa; questo rendeva improbabile l’ipotesi, sostenuta da Lizzie, che un intruso si fosse introdotto nell’abitazione, nascosto per un’ora rischiando di essere scoperto, e poi avesse ucciso anche Andrew. Le dichiarazioni raccolte, invece, confermavano che in casa, al momento dei delitti, erano presenti solo Bridget Sullivan e Lizzie. Quest’ultima fu quindi accusata del duplice omicidio, poiché la cameriera non sembrava avere alcun motivo valido per compiere un simile gesto, mentre Lizzie, insieme alla sorella, avrebbe ereditato l’intero patrimonio. A pesare ulteriormente su di lei furono alcuni indizi precisi: in casa fu trovata un’ascia perfettamente pulita, identificata come l’arma del delitto, e Lizzie fu vista mentre bruciava un abito che sembrava essere quello che indossava il giorno degli omicidi e che, in effetti, non venne mai più ritrovato.

Durante il processo, l’avvocato difensore Robinson sottolineò che la dinamica degli omicidi – con 18 colpi d’ascia alla testa per Abby Borden e 13 per Andrew – rendeva improbabile che l’assassina fosse una donna, poiché una tale ferocia richiedeva una forza fisica considerevole. Inoltre, ricordò alla giuria che Lizzie conduceva una vita estremamente riservata e rispettabile: il suo unico passatempo era modellare statuine in ceramica, si dedicava alla beneficenza, faceva parte di gruppi religiosi e insegnava catechismo nella scuola domenicale. Per compiere crimini così brutali, affermava il legale, avrebbe dovuto essere una persona completamente diversa da quella che era. La giuria, alla fine, la dichiarò innocente da ogni accusa.
Lizzie non finì sulla forca, ma fu dichiarata libera e, insieme alla sorella, entrò in possesso dell’intero patrimonio del padre avaro, e successivamente anche di quello della matrigna, sebbene fosse obbligata a versare un risarcimento alla famiglia di quest’ultima. Le due sorelle si trasferirono altrove e Lizzie fu costretta a cambiare identità, ma ogni volta che veniva riconosciuta, veniva emarginata dalla comunità in cui si trovava. Col tempo anche Emma si allontanò da lei, e non si rividero mai più. Indipendentemente dalla sua colpevolezza o innocenza, il peso di quanto accaduto quel 4 agosto la segnò profondamente per il resto della vita, a dispetto della ricchezza acquisita. Lizzie morì il 1° giugno 1927 a Fall River, e al suo funerale presenziarono pochissime persone. In un tragico destino, la sorella Emma morì solo pochi giorni dopo.