L’idea del trapianto di cervello, o comunque di un intervento che possa far rifunzionare l’organo meno recuperabile del corpo umano, è sempre appartenuta al regno della fantascienza, ma l’intelligenza artificiale sta aprendo nuove prospettive inaspettate. Non si tratta, ovviamente, di trapiantare fisicamente un cervello da una persona all’altra, ma di creare una connessione diretta tra il cervello umano e sistemi artificiali che possano “leggere” e interpretare i pensieri.
Un innovativo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell ha segnato una svolta epocale nel campo delle neuroscienze. La ricerca, condotta dal team di Stanford University guidato da Erin Kunz, ha coinvolto quattro partecipanti: tre persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e una con lesioni cerebrali causate da ictus. Tutti avevano già impiantati dei microsensori nella corteccia motoria, l’area cerebrale che coordina i movimenti del tratto vocale.
L’esperimento ha dimostrato per la prima volta come sia possibile decodificare il “discorso interno” – quello che pensiamo ma non diciamo ad alta voce – trasformandolo istantaneamente in testo sullo schermo. Questi sistemi, chiamati interfacce cervello-computer (BCI), rappresentano un salto tecnologico rispetto ai dispositivi precedenti.

La tecnologia funziona catturando l’attività elettrica del cervello quando si pensa a una frase. Questi segnali vengono poi elaborati da algoritmi di machine learning addestrati a riconoscere quali pattern neurali corrispondono a specifici suoni o parole. Il risultato è sorprendente: i partecipanti agli studi possono comunicare semplicemente pensando quello che vogliono dire, raggiungendo velocità di circa 120-150 parole al minuto.
A differenza dei primi dispositivi che richiedevano il tentativo fisico di parlare, questa nuova generazione di tecnologie sfrutta il “discorso immaginato”. La corteccia motoria si attiva non solo quando si tenta di parlare, ma anche, in misura minore, quando si immagina di farlo. I ricercatori hanno capitalizzato su questo fenomeno per sviluppare sistemi più naturali e meno faticosi.
La precisione è impressionante: mentre i primi decodificatori del discorso interno erano limitati a poche parole, i nuovi dispositivi permettono di attingere da un dizionario di 125.000 termini, offrendo una comunicazione praticamente illimitata.
Questa tecnologia rappresenta una speranza concreta per persone colpite da gravi patologie neurologiche. I pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ictus cerebrali o paralisi possono ritrovare la capacità di comunicare in modo fluido. Il sistema funziona solo quando la fase “da idea a piano” rimane intatta, ma il passaggio “da piano a movimento” è compromesso, condizioni note come disartria.
Una delle preoccupazioni principali riguarda la privacy mentale. Per affrontare questo aspetto, i ricercatori hanno implementato una frase codice: “chitty chitty bang bang”. Quando pronunciata mentalmente, attiva o disattiva la trascrizione del dispositivo, garantendo che i pensieri privati rimangano tali.