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Home » Attualità » Perché Venice for Palestine chiede di ritirare l’invito a Gadot e Butler e far sfilare la Palestina sul red carpet di Venezia

Perché Venice for Palestine chiede di ritirare l’invito a Gadot e Butler e far sfilare la Palestina sul red carpet di Venezia

La Biennale sotto pressione: Venice for Palestine chiede chiarezza sul conflitto israelo-palestinese e invita a rivedere gli ospiti del festival.
Tiziana MorgantiDi Tiziana Morganti25 Agosto 2025Aggiornato:25 Agosto 2025
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Palestine
Logo Venice for Palestine (fonte: V4P)
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Alla vigilia dell’82ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, al via il prossimo 27 agosto, il Lido si trova al centro di un dibattito che va ben oltre il cinema. Ad infiammare la discussione, però, non sono le pellicole ma alcune presenze sul red carpet: in particolare quelle di Gal Gadot e Gerard Butler, protagonisti del film In the Hand of Dante di Julian Schnabel, inserito nella sezione Fuori concorso.

A contestare l’invito è il collettivo Venice for Palestine (V4P), che riunisce registi, attori, musicisti, critici e attivisti. La loro lettera aperta, firmata da circa 1.500 personalità del mondo della cultura, da Marco Bellocchio a Matteo Garrone, da Alba e Alice Rohrwacher a Toni e Peppe Servillo, da Céline Sciamma a Ken Loach, fino a Fiorella Mannoia e Paola Turci, chiede alla Biennale di fare una scelta netta: ritirare l’invito a Gadot e Butler e a chiunque “sostenga pubblicamente e attivamente il genocidio”, per lasciare spazio a una delegazione palestinese che sfili sul red carpet con la propria bandiera.

Gal Gadot
Gal Gadot
Gerard Butler
Gerard Butler

La richiesta arriva dopo la prima replica ufficiale della Biennale, che ha ricordato come la Mostra di Venezia sia da sempre “luogo di confronto aperto e sensibile alle questioni urgenti della società e del mondo”. Citati anche gli interventi recenti del presidente Pietrangelo Buttafuoco e del direttore artistico Alberto Barbera. Per V4P, però, tutto questo è insufficiente. Tanto da rispondere in questo modo:

La comunicazione ufficiale della Biennale sceglie ancora di non menzionare la Palestina e il genocidio in corso, né tantomeno lo Stato di Israele che lo sta perpetuando. Se la Biennale vuole davvero essere un “luogo di confronto aperto”, allora deve essere innanzitutto uno spazio di verità.

Il particolare gruppo non mette in discussione la selezione artistica di opere come The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania, dedicato alla bambina palestinese uccisa a Gaza, ma contesta l’omaggio reso a figure come Gadot e Butler, accusati di sostenere politicamente e materialmente le posizioni israeliane.

Nella nuova lettera, dunque, Venice4Palestine esprime soddisfazione per i riscontri ricevuti da sezioni autonome come le Giornate degli Autori e la Settimana della Critica, che hanno mostrato apertura al confronto. In particolare, tra le proposte più forti c’è quella di dare spazio, durante la cerimonia inaugurale del festival, a artisti palestinesi chiamati a portare la propria testimonianza diretta.

Il movimento, però, guarda anche oltre le sale del Lido. Questo, infatti, sostiene la manifestazione Stop al genocidio – Palestina libera, in programma il 30 agosto proprio a Venezia, promossa da associazioni, collettivi e dalla rete Artisti #NoBavaglio. Per questo, alla richiesta di cancellare gli inviti a Gadot e Butler, si aggiunge anche quella di un impegno concreto, ossia che la Biennale interrompa partnership con qualunque organizzazione in grado di sostenere il governo israeliano.

Un red carpet che ogni anno fa parlare il mondo intero, dunque, rischia così di trasformarsi in palcoscenico politico. Resta ora da capire se la Biennale, fedele alla sua tradizione di apertura, sceglierà di accogliere almeno in parte le richieste o se manterrà la linea dell’autonomia artistica.

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