Lynn White era in grande difficoltà. In ritardo con i pagamenti della sua casa, era sotto sfratto. Non potendo permettersi un avvocato (quello d’ufficio le aveva già fatto perdere una causa) decise di provare qualcosa di insolito: consultare ChatGPT. Avendo già utilizzato l’intelligenza artificiale per creare video per la sua piccola attività di produzione musicale, pensò che potesse esserle utile anche in ambito legale. “È stato come avere Dio lassù che rispondeva alle mie domande“, ha dichiarato White dopo aver utilizzato il chatbot insieme a Perplexity, un motore di ricerca potenziato dall’AI, per rappresentarsi da sola in tribunale.
White ha fornito regolarmente a ChatGPT documenti e informazioni dettagliate sul suo caso. Il chatbot l’ha aiutata a identificare potenziali errori nelle decisioni procedurali del giudice, a tracciare possibili linee d’azione, a ricercare leggi applicabili e a redigere risposte per il tribunale. Dopo diversi mesi di contenzioso, White è riuscita a ribaltare l’avviso di sfratto ed evitare circa 55.000 dollari di penali e più di 18.000 dollari di affitto arretrato.
“Non avrei mai, mai, mai, mai potuto vincere questo appello senza l’AI“. White ha inizialmente utilizzato la versione gratuita di ChatGPT prima di passare al servizio premium da 20 dollari al mese. Con una serie di strumenti di intelligenza artificiale generativa disponibili per chiunque abbia una connessione internet, un numero crescente di contendenti sta utilizzando l’AI per assistenza nei propri casi legali. Molti stanno rinunciando completamente agli avvocati, rappresentandosi in tribunale con l’AI come guida principale.

Alcuni affermano che gli strumenti di intelligenza artificiale li stanno aiutando a navigare i labirinti delle procedure giudiziarie e a semplificare il gergo legale. Altri hanno affrontato pesanti sanzioni per aver presentato documenti giudiziari con informazioni imprecise o inesistenti.
Indipendentemente dalle conseguenze, professionisti legali ed esperti affermano che gli strumenti di AI generativa sembrano incoraggiare certe persone a cercare consulenza legale da algoritmi invece che da avvocati in carne e ossa, anche se non sempre i documenti redatti sono corretti, così come i ragionamenti che sostengono certi assunti.
Alcune delle principali aziende di AI scoraggiano i clienti dall’utilizzare i loro servizi per scopi legali, mentre altre hanno fatto poca o nessuna menzione di questa possibilità. I termini di servizio di Google dichiarano esplicitamente di non fare affidamento sui Servizi per consulenza medica, legale, finanziaria o altra consulenza professionale. Ma vallo a dire a una persona che non ha soldi per permettersi un avvocato (certo, con un medico sarebbe stato più complicato).
Al netto di tutti gli interrogativi legittimi sulla questione, gli esperti concordano su un punto, ovvero che l’AI nel contesto legale (e anche oltre) non è più un’ipotesi futuristica, ma una realtà presente nelle aule di tribunale. La sfida ora è stabilire linee guida chiare, educare il pubblico sui limiti di questi strumenti e garantire che l’innovazione tecnologica non comprometta l’integrità del sistema giudiziario.