Paolo Bonacelli è morto a Roma all’età di 88 anni. Nato a Civita Castellana il 28 febbraio 1937, Bonacelli ha attraversato oltre sei decenni di storia dello spettacolo, lasciando un’impronta indelebile nel teatro, nel cinema e nella televisione con una versatilità interpretativa fuori dal comune.
Diplomatosi all’Accademia d’arte drammatica di Roma, Bonacelli ha debuttato immediatamente in “Questa sera si recita a soggetto” sotto la direzione di Vittorio Gassman, iniziando così una carriera teatrale brillante. Al Teatro Stabile di Genova ha recitato ne “Il diavolo e il buon Dio” di Jean-Paul Sartre, diretto da Luigi Squarzina, per poi fondare insieme a Carlotta Barilli la Compagnia del Porcospino, con cui ha portato in scena numerosi testi di successo nella capitale.
Nel cinema, Bonacelli ha costruito una filmografia impressionante che attraversa generi e registri. Il ruolo che lo ha consacrato nella memoria collettiva è stato quello nel controverso e visionario “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini del 1975, interpretazione che gli valse la Targa Mario Gromo e lo impose all’attenzione della critica internazionale.
Fu proprio grazie a quella performance che il regista britannico Alan Parker lo notò mentre cercava un attore per “Fuga di mezzanotte”. Parker aveva bisogno di un turco dagli occhi azzurri e, dopo aver visto Bonacelli ne “L’eredità Ferramonti” di Mauro Bolognini e averlo sottoposto a due provini, gli affidò la parte del detenuto Rifki. Il film del 1978 portò Bonacelli al successo internazionale, aprendo le porte a una carriera che avrebbe toccato anche Hollywood decenni dopo.
La collaborazione con Roberto Benigni si è rivelata particolarmente fruttuosa: in “Non ci resta che piangere” del 1985 ha interpretato un memorabile Leonardo da Vinci. In una carriera sterminata e davvero ricca, questo piccolo ruolo lo ha reso amatissimo al pubblico italiano.
In “Johnny Stecchino” del 1991 il suo ruolo gli è valso sia il Ciak d’oro che il Nastro d’argento. Ha lavorato con i più grandi registi italiani, da Francesco Rosi in “Cristo si è fermato a Eboli” a Michelangelo Antonioni ne “Il mistero di Oberwald”, da Liliana Cavani in “Francesco” a Lina Wertmüller in “Io speriamo che me la cavo”.
Il suo talento ha attraversato i confini nazionali fino a raggiungere il cinema americano con “Mission: Impossible III” di J.J. Abrams del 2006, dimostrando come la sua presenza scenica e la sua capacità interpretativa fossero universalmente riconosciute. La sua carriera cinematografica era iniziata negli anni Sessanta con film come “Psycosissimo” di Steno, “La congiuntura” di Ettore Scola e “Superseven chiama Cairo” di Umberto Lenzi, costruendo progressivamente una reputazione di attore affidabile e trasformista.
Il riconoscimento del pubblico e della critica non si è mai fermato: nel 2008 ha ricevuto il Premio Gassman alla carriera grazie al voto popolare, nel 2011 è stato premiato al teatro romano di Verona con il prestigioso 54º Premio Renato Simoni per la Fedeltà al Teatro di Prosa, e il 7 dicembre 2019 è stato insignito del Premio Vincenzo Crocitti International alla Carriera.