La città di New York ha alzato il livello dello scontro con le Big Tech, presentando una causa legale che chiama direttamente in causa Meta, Alphabet (la società madre di Google e YouTube), Snap e ByteDance (proprietaria di TikTok). L’accusa è gravissima: aver progettato intenzionalmente i loro social media per creare dipendenza nei giovani utenti, generando quella che viene definita una vera e propria crisi di salute mentale giovanile.
Il documento depositato presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Meridionale di New York si estende per 327 pagine e non usa mezzi termini. La città, insieme ai suoi distretti scolastici e al dipartimento della salute, accusa le aziende tecnologiche di negligenza grave, sostenendo che abbiano deliberatamente costruito piattaforme che massimizzano il numero di utenti minorenni e utilizzano “algoritmi che impiegano i dati degli utenti come arma contro i bambini, alimentando la macchina della dipendenza”.
Secondo la causa, queste aziende sono pienamente consapevoli che bambini e adolescenti si trovano in una fase di sviluppo che li rende particolarmente vulnerabili agli effetti di dipendenza di queste funzionalità, ma continuano a prenderli di mira in nome del profitto. Non si tratta di una teoria astratta: la città porta prove concrete di come questa presunta dipendenza stia avendo conseguenze reali sulla vita dei giovani newyorkesi.

Uno degli esempi più drammatici citati nella causa riguarda il fenomeno del “subway surfing”, una pratica estremamente pericolosa in cui i ragazzi viaggiano all’esterno dei treni della metropolitana in movimento. Secondo i dati forniti dal dipartimento di polizia di New York, almeno 16 adolescenti sono morti praticando questa attività, che la causa sostiene essere stata incoraggiata e diffusa attraverso trend sui social media. Solo all’inizio di ottobre 2025, due ragazze di 12 e 13 anni hanno perso la vita mentre praticavano subway surfing.
Ma le conseguenze non si limitano agli episodi più estremi. La causa presenta dati raccolti attraverso sondaggi condotti tra gli studenti delle scuole superiori di New York, che rivelano come il 77,3% dei teenager della città trascorra tre o più ore al giorno davanti agli schermi. Questo uso eccessivo, secondo la documentazione presentata, contribuisce alla perdita di sonno e, di conseguenza, alle assenze scolastiche.
I numeri forniti dai distretti scolastici della città supportano questa correlazione: il 36,2% di tutti gli studenti delle scuole pubbliche è considerato cronicamente assente, mancando almeno il 10% dell’anno scolastico. Per una città con una popolazione di 8,48 milioni di abitanti, di cui quasi due milioni hanno meno di 18 anni, l’impatto potenziale di questa crisi è enorme.
New York City non è sola in questa battaglia legale. Secondo Reuters, esistono attualmente più di 2.050 cause simili in fase di contenzioso contro le aziende dei social media. La città aveva in realtà presentato una causa precedente nel 2024, annunciata dal sindaco Eric Adams, ma ha deciso di ritirarla per unirsi a questo sforzo più ampio presso il tribunale federale. Questa mossa strategica rende immediatamente New York City uno dei querelanti più importanti per dimensioni e peso politico.
La critica principale riguarda il modo in cui queste piattaforme sono state progettate: non come semplici strumenti di comunicazione, ma come sistemi ottimizzati per catturare e mantenere l’attenzione degli utenti più giovani, sfruttando la loro vulnerabilità psicologica.
Le aziende tecnologiche, naturalmente, respingono queste accuse. José Castañeda, portavoce di Google, ha dichiarato che le cause “fraintendono fondamentalmente come funziona YouTube” e che le accuse “semplicemente non sono vere”. Castañeda ha sottolineato che YouTube è un servizio di streaming dove le persone guardano contenuti su schermi TV, non un social network dove ci si connette con gli amici.
Questa causa rappresenta un punto di svolta significativo nel rapporto tra governi locali e Big Tech. Per la prima volta, una città di questa dimensione sta utilizzando il proprio sistema giudiziario per tentare di considerare le aziende tecnologiche responsabili di quello che viene descritto come un danno pubblico che grava sulle risorse municipali, dai servizi sanitari ai sistemi scolastici.