È una scena che si ripete quotidianamente in tutta Italia: un’urgenza improvvisa, la ricerca affannosa di un bar, l’ingresso titubante e la fatidica domanda al bancone. “Posso usare il bagno?”. La risposta varia enormemente da locale a locale, oscillando tra un cenno di assenso e un secco “solo per i clienti”. Ma esiste davvero una regola che disciplina questa situazione così comune? La risposta potrebbe sorprendere molti, perché coinvolge non solo il buon senso, ma anche precise norme di legge e persino sentenze dei tribunali amministrativi.
La questione del bagno nei locali pubblici ha sollevato dibattiti accesi e incomprensioni diffuse. Molti ritengono che un esercizio aperto al pubblico debba mettere a disposizione i servizi igienici gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta, come forma di servizio alla comunità. Altri sostengono che si tratti di una struttura privata e che il gestore abbia pieno diritto di riservarne l’uso esclusivamente a chi effettua una consumazione. La verità giuridica si colloca in una posizione intermedia, con sfumature che merita conoscere.
I bar, ristoranti, pizzerie e pub che somministrano alimenti e bevande hanno l’obbligo normativo di essere dotati di servizi igienici a norma e funzionanti. Questo requisito è imposto dalle disposizioni sanitarie e di sicurezza che regolamentano le attività di somministrazione. Tuttavia, l’obbligo di avere un bagno non si traduce automaticamente nell’obbligo di renderlo accessibile a chiunque varchi la soglia del locale, indipendentemente dal fatto che sia un cliente pagante o semplicemente un passante.
La distinzione è fondamentale e trova conferma in una pronuncia del TAR Toscana, che ha chiarito i limiti della pretesa di accesso gratuito ai bagni privati. Secondo i giudici amministrativi, obbligare i gestori a offrire gratuitamente i servizi igienici a chiunque, senza distinzione tra clienti effettivi e non clienti occasionali, rappresenterebbe un peso economico eccessivo e violerebbe il principio di libertà di impresa sancito dalla Costituzione italiana. I costi di manutenzione, pulizia, acqua, energia elettrica e materiali di consumo ricadono interamente sul titolare dell’attività, che ha quindi il diritto di riservarli a chi contribuisce economicamente attraverso un acquisto.

Diversa è invece la situazione dei bagni pubblici propriamente detti, che siano a pagamento o gratuiti. Questi costituiscono un servizio messo a disposizione dal Comune, con costi specifici a carico della collettività attraverso il bilancio comunale o tariffe dirette. Non si può quindi equiparare un bagno privato all’interno di un’attività commerciale con un servizio pubblico gestito dall’amministrazione locale.
Ma quando si acquisisce effettivamente il diritto di utilizzare il bagno di un bar? La normativa italiana, nello specifico l’articolo 137 del Testo Unico delle Leggi sulla Pubblica Sicurezza, stabilisce che il gestore non può rifiutare l’uso del bagno a un cliente pagante, salvo esistano giustificati motivi come un guasto temporaneo, lavori di manutenzione in corso o il bagno già occupato da altri clienti. Non è necessaria una spesa minima prestabilita: anche l’acquisto più simbolico, come un caffè al bancone o una bottiglietta d’acqua, è sufficiente per trasformarsi da semplice visitatore a cliente a tutti gli effetti, con il conseguente diritto di accedere ai servizi.
Esistono però eccezioni geografiche determinate da regolamenti comunali specifici. Alcuni Comuni italiani, come Parma, hanno adottato disposizioni locali che impongono ai gestori di rendere i servizi igienici fruibili gratuitamente anche da chi non effettua consumazioni. In questi casi, il locale deve segnalare la disponibilità con appositi cartelli visibili dall’esterno. Si tratta tuttavia di situazioni particolari e non della norma generale applicabile su tutto il territorio nazionale.
In assenza di regolamenti comunali che dispongano diversamente, la regola resta chiara: il bagno è un servizio riservato esclusivamente ai clienti che hanno effettuato un acquisto. Chi entra in un bar con il solo intento di usufruire dei servizi igienici non può quindi pretenderne l’accesso come diritto, a meno che non sia disposto a diventare cliente anche solo con una consumazione minima.
Vale la pena ricordare anche le conseguenze per i locali inadempienti. Se un esercizio pubblico obbligato per legge a disporre di servizi igienici ne fosse sprovvisto o mantenesse un bagno in condizioni di inagibilità, rischierebbe sanzioni amministrative significative a seguito di una segnalazione alla polizia municipale o agli organi di controllo sanitario. L’obbligo verso i clienti, quindi, esiste ed è vincolante, ma si applica esclusivamente a chi ha effettuato un acquisto.