La scabbia non è più una malattia relegata ai Paesi in via di sviluppo o un ricordo del passato. Negli ultimi anni si è assistito a un‘impennata preoccupante dei casi in tutta Europa, Italia compresa, tanto da far tornare l’attenzione su un’infestazione che molti consideravano ormai rara. Ma cosa sta succedendo davvero e perché proprio ora?
La scabbia è un’infestazione cutanea causata da un minuscolo parassita chiamato Sarcoptes scabiei, un acaro che letteralmente scava gallerie sotto la superficie della pelle per deporre le uova. Fino a poco tempo fa i casi erano limitati e il contagio avveniva spesso attraverso rapporti sessuali, sebbene non si tratti di una malattia sessualmente trasmessa in senso stretto.
Le cause dell’aumento recente sono molteplici e interconnesse. Il lockdown e l’isolamento, spesso vissuti in condizioni igienico-sanitarie precarie, hanno creato terreno fertile per la diffusione. Il turismo di massa post-pandemico, con l’aumento esponenziale dei viaggi, ha favorito la circolazione del parassita. Non va dimenticato il frequente ricambio di pazienti nelle Residenze sanitarie assistenziali, ambiente particolarmente vulnerabile per questa infestazione.

I più colpiti sono bambini e adolescenti, categoria esposta per gli stretti contatti che caratterizzano la vita scolastica, le palestre e gli altri ambienti comunitari. Un esempio concreto arriva da Firenze, dove alla primaria Don Milani del comprensivo Piero della Francesca è stato segnalato un caso che ha generato preoccupazione tra i genitori. “Era davvero tanto che non capitava una cosa del genere. Siamo molto preoccupati“, hanno dichiarato alcuni di loro. L’Azienda Usl Toscana Centro ha prontamente attivato i protocolli, informando il personale scolastico sulle modalità di trasmissione e sulle norme di prevenzione.
Ma l’aumento ha riguardato anche gli anziani, soprattutto quelli ricoverati nelle Rsa, oltre a senzatetto e migranti che vivono in condizioni di sovraffollamento e scarsa igiene. Questa diversificazione dei gruppi colpiti rappresenta un campanello d’allarme sulla portata del fenomeno.
Riconoscere la scabbia non è sempre immediato, ma esistono sintomi caratteristici. Il segno principale è un prurito intenso e persistente che tipicamente inizia negli spazi tra le dita delle mani e si intensifica durante la notte. Questo prurito notturno è uno degli elementi distintivi che aiutano nella diagnosi. Oltre al prurito, sulla pelle possono comparire lesioni da grattamento e talvolta solchi lineari, tracce visibili dei cunicoli che l’acaro scava sotto la superficie cutanea.
Il periodo di incubazione varia da due a sei settimane prima che compaiano i sintomi evidenti. Durante questo tempo la persona è già contagiosa, rendendo più complesso il controllo della diffusione. La trasmissione avviene principalmente attraverso il contatto diretto e prolungato con la pelle della persona infetta, mentre il contagio tramite indumenti o biancheria è meno frequente, anche se possibile.
Per la diagnosi è generalmente sufficiente un’attenta raccolta della storia clinica del paziente e un’osservazione accurata della cute da parte di un dermatologo. Una volta confermata la scabbia, diventa fondamentale un approccio terapeutico che non coinvolga solo il paziente, ma anche i membri del nucleo familiare e tutti i contatti stretti. Senza questo trattamento esteso, il rischio è quello di instaurare un circolo vizioso che rende molto più difficile debellare l’infestazione.
Sul fronte delle cure, negli ultimi anni si sono verificati importanti cambiamenti. Fino a poco tempo fa il trattamento di prima scelta era la permetrina, ma oggi la terapia topica preferita è il benzoato di benzile. Questo cambio di rotta è dovuto ai fallimenti segnalati con la permetrina, probabilmente legati a una possibile tolleranza sviluppata dall’acaro. Tuttavia, anche altri fattori possono aver contribuito all’insuccesso: uso non corretto in termini di quantità e modalità, mancata applicazione di misure igienico-ambientali adeguate e reinfestazioni quando i contatti stretti non vengono trattati.
Gli accorgimenti igienici rappresentano un pilastro fondamentale nella lotta alla scabbia. È indispensabile lavare indumenti, lenzuola e asciugamani ad alte temperature per eliminare eventuali acari presenti sui tessuti. Questi interventi, apparentemente semplici, fanno la differenza tra una guarigione completa e una reinfestazione.
Le autorità sanitarie, come nel caso della scuola fiorentina, precisano che la trasmissione in ambito scolastico è rara, ma raccomandano comunque massima attenzione. Per chi è stato a stretto contatto con una persona infetta è consigliata un’osservazione accurata per almeno un mese. In presenza di sintomi, in particolare se localizzati alle mani o ai polsi, è necessario rivolgersi immediatamente al proprio medico per una visita di controllo.