Margaret Thatcher era soprannominata la Lady di Ferro, The Iron Lady, per via della sua indole politica molto aggressiva che la portava a non avere pietà dei suoi rivali, in qualsiasi circostanza. Il suo, insomma, era un modo risoluto di governare, di impronta rigidamente liberista e conservatrice. La Lady di Ferro, prima donna della storia inglese a diventare capo del governo, iniziò la sua carriera politica tra le file dei tories, i conservatori inglesi, nel 1959.
Il primo ruolo importante nel 1970, quando divenne ministro dell’Educazione, carica ricoperta fino al 1974. Un anno dopo divenne leader del Conservative Party. E nel 1979 divenne Prime Ministro. Rimase al numero 10 di Downing Street fino al 28 novembre 1990, quando si dimise in seguito a contrasti interni al partito. Pietre dello scandalo, la sua politica fiscale e soprattutto il no all’Europa.
La Thatcher validò sul campo l’appellativo di Lady di Ferro in molte circostanze. Come nella lotta contro i minatori entrati in sciopero dal 1984 al 1985 contro la chiusura di venti giacimenti carboniferi nel Regno Unito, voluta dal governo. Le manifestazioni di supporto ai 20.000 lavoratori licenziati furono represse duramente dalla polizia, su input del Primo Ministro.
Oppure contro i nazionalisti irlandesi dell’IRA, l’Irish Republican Army, che tra gli anni ’70 e ’80 iniziarono una serie di proteste nelle carceri inglesi per ottenere lo status di prigionieri politici. E contro le condizioni disumane vissute in prigione. La Thatcher non trattò mai con loro, sebbene avesse promesso dei cambiamenti nel regime carcerario, mai attuati. Il più famoso dei nazionalisti, Bobby Sands, morì durante lo sciopero della fame.
Margaret Thatcher morì l’8 aprile del 2013, all’età di ottantasette anni, a causa di un ictus legato alla malattia di Alzheimer. Tra i commenti più salaci ci fu quello del regista Ken Loach che disse: «Come dovremmo onorarla? Privatizziamo il suo funerale. Lo mettiamo sul mercato e accettiamo l’offerta più economica. È quello che avrebbe voluto».