I cani randagi che vivono nella zona di esclusione di Chernobyl stanno mostrando modificazioni genetiche sorprendenti. Quasi quattro decenni dopo il disastro nucleare del 1986, questi animali potrebbero rappresentare un laboratorio naturale per comprendere come la vita si adatta agli ambienti estremi.
Un team di ricercatori dell’Università della Carolina del Sud e del National Human Genome Research Institute ha pubblicato uno studio rivoluzionario sulla rivista Science Advances. Gli scienziati hanno analizzato il DNA di 302 cani selvatici che vivono nella zona di esclusione di Chernobyl, confrontandolo con quello di popolazioni canine che vivono al di fuori dell’area contaminata.
I risultati hanno rivelato differenze genetiche significative tra i due gruppi, con variazioni particolarmente evidenti nei geni responsabili della riparazione del DNA, del sistema immunitario e del metabolismo cellulare. In particolare, i ricercatori hanno identificato mutazioni nei geni ATM, TP53 e XRCC4, tutti fondamentali per riparare i danni al DNA causati dalle radiazioni.

La ricerca ha evidenziato, dunque, come i cani che vivono nelle immediate vicinanze dell’ex reattore nucleare formino una popolazione geneticamente distinta da quella che abita nella città di Chernobyl, distante circa 16 chilometri. Questa scoperta suggerisce che si tratta di due gruppi separati che raramente si incrociano tra loro.
L’isolamento genetico di questi animali potrebbe essere la chiave per comprendere come stiano sviluppando adattamenti specifici per sopravvivere in un ambiente ad alta radioattività. I cani più vicini alla centrale mostrano una diversità genetica ridotta, probabilmente dovuta al numero limitato di individui fondatori e alle scarse opportunità riproduttive.
Oltre alle modifiche genetiche invisibili, i ricercatori hanno osservato cambiamenti fisici interessanti. Molti cani della zona mostrano una pigmentazione del mantello più scura del normale, probabilmente legata a variazioni nel gene MC1R che regola la produzione di melanina. Questo fenomeno potrebbe rappresentare un meccanismo di protezione naturale contro i danni ossidativi causati dalle radiazioni.
Il sistema immunitario di questi animali sembra particolarmente interessato dai cambiamenti evolutivi. Le variazioni nei geni TLR4 e SOD2, cruciali per rispondere allo stress ambientale e alle infiammazioni, suggeriscono che i cani stiano sviluppando nuove strategie per fronteggiare l’esposizione cronica alle radiazioni.
Tuttavia, la comunità scientifica non è unanime nell’interpretazione di questi risultati. Studi più recenti suggeriscono che le differenze genetiche potrebbero non essere direttamente causate dalle mutazioni radioattive, ma piuttosto da pressioni selettive o fattori ambientali.