Dal 2021 è iniziato l’abbattimento dei mufloni che erano presenti sull’Isola del Giglio dagli anni Ottanta, dopo essere stati inseriti in questo ecosistema da un allevatore. Nel corso del tempo, però, hanno iniziato a vivere in stato brado e a minacciare, in qualche modo, la biodiversità di un luogo che mostra, da questo punto di vista, non poche fragilità.
Per questo motivo il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si è aggiudicato il finanziamento del progetto europeo “Lets go Giglio”, avviato nel 2019 per eradicare completamente questa specie. Una decisione che, ovviamente, ha creato più di un disappunto soprattutto tra le diverse associazioni animaliste e non pochi abitanti dell’isola che hanno cercato di proteggere gli animali. Da questo confronto, dunque, è nato un protocollo d’intesa tra WWF, Lav e il Parco dell’arcipelago Toscano. Un accordo il cui compito è limitare il più possibile le attività dei cacciatori selettivi.
Dopo due anni, infatti, sono 35 i mufloni uccisi mentre altri sono stati ricollocati. Ma quali sono stati i danni effettivi causati da questa specie? Secondo i dati forniti dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), sembra che la loro presenza abbia portato all’estinzione di tre specie vegetali e della sopravvivenza di altre due nei soli vivai.
Tra il lentisco, il leccio e l’elicriso, il Giglio ospita una densità di circa 700 piante vascolari su una superficie di soli 21,2 chilometri quadrati. Tra queste ci sono delle specie che non si trovano al di fuori dell’arcipelago toscano. Un grande mammifero che pascola liberamente, però, non fa certo distinzione in ciò che mangia.
E questo produce un effetto a catena sull’ecosistema che non si limita alla scomparsa della sola pianta. In pericolo potrebbe essere anche la Zerynthia cassandra, una farfalla che lega la sua sopravvivenza ad una pianta particolare: l’Aristolochia rotunda. Se questa scompare, anche la farfalla è destinata ad estinguersi. Il piccolo habitat del Giglio, però, non combatte solamente la presenza del muflone ma anche quella del coniglio selvatico, della tartaruga palustre americana, del pino domestico e del fico degli Ottentotti. Tutte specie introdotte dall’uomo che hanno avuto la capacità di alterare l’habitat e soppiantare le specie originarie.