Gli oceani stanno assorbendo calore a una velocità mai vista prima. Ma non è tutto. Uno studio condotto dal Dr. Kevin Trenberth dell’Università di Auckland e del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica ha rivelato un fenomeno sorprendente: il riscaldamento non è uniforme, ma si concentra in specifiche fasce oceaniche. Questa scoperta aiuta a spiegare perché alcuni eventi climatici estremi stanno diventando sempre più intensi e frequenti.
Per comprendere l’importanza di questa scoperta, bisogna sapere che gli oceani sono i veri “magazzini” del calore terrestre. Più del 90% del calore extra causato dal riscaldamento globale finisce nelle acque marine, non nell’atmosfera. Questo significa che monitorare la temperatura degli oceani ci fornisce indizi cruciali sui cambiamenti climatici del nostro pianeta. Gli scienziati hanno analizzato dati di temperatura dal 2000 al 2023, misurando il contenuto di calore fino a 2.000 metri di profondità utilizzando una scala chiamata zettajoule (un numero con 21 zeri!).
La ricerca ha identificato due zone particolarmente critiche: le fasce oceaniche intorno ai 40 gradi di latitudine in entrambi gli emisferi. Nel Nord, questa fascia si estende dall’Atlantico settentrionale vicino alla costa orientale degli Stati Uniti fino alle acque vicino al Giappone. Nel Sud, copre le regioni vicino alla Nuova Zelanda e alla Tasmania attraverso l’Atlantico a est dell’Argentina. Queste aree stanno accumulando calore a un ritmo eccezionale, con l’emisfero australe che mostra il riscaldamento più intenso.

Il riscaldamento non uniforme è legato ai cambiamenti nei venti e nelle correnti oceaniche. La corrente a getto, quel potente fiume di venti che si muove da ovest a est ad alta quota, si sta spostando verso i poli. Questo spostamento modifica i percorsi delle tempeste e influenza il modo in cui il calore si distribuisce negli oceani. I venti superficiali mescolano l’acqua del mare e guidano le correnti calde, permettendo al calore di penetrare negli strati più profondi degli oceani.
Uno degli aspetti più sorprendenti dello studio è la scoperta che alcune aree, in particolare quelle intorno ai 20-30 gradi di latitudine, non si stanno riscaldando significativamente. Queste zone subtropicali sembrano agire come “zone di transito” dove l’energia viene redistribuita piuttosto che assorbita. Gli scienziati ipotizzano che le correnti oceaniche e la circolazione atmosferica “bypassino” queste regioni, spostando il calore altrove.
Questo riscaldamento accelerato ha conseguenze dirette sul clima mondiale. Gli oceani più caldi rilasciano più vapore acqueo nell’atmosfera, aumentando l’umidità e creando condizioni favorevoli per precipitazioni più intense. Questo fenomeno può amplificare le piogge locali e alimentare tempeste più violenti. Il calore extra negli oceani può anche alterare gli habitat marini, modificando le rotte migratorie dei pesci e influenzando l’industria della pesca e le economie costiere.