Si chiama Great Blue Hole ed è una voragine marina al largo del Belize profonda 124 metri e larga oltre 300, formata durante le glaciazioni. Grazie una ricerca effettuata da un team di scienziati, pubblicata su Science Advances, è stato possibile rivelare che, nascoste lì dentro, ci sono le tracce di ben 694 strati di eventi ciclonici, segno di un incremento significativo di tempeste tropicali.
Il Great Blue Hole affascina da decenni scienziati e subacquei, ma custodisce anche una delle più stupefacenti testimonianze dell’evoluzione climatica del nostro pianeta. Un recente studio, condotto dal dottor Dominik Schmitt della Goethe University di Francoforte in Germania, e basato su un carotaggio del suo fondale, ha permesso di ricostruire oltre 5.000 anni di tempeste e mutamenti atmosferici, rivelando un inquietante futuro per i Caraibi e, potenzialmente, per altre regioni tropicali.
Il Great Blue Hole si è originato durante le glaciazioni, quando il livello del mare era significativamente più basso. In quel periodo, si formarono grandi sistemi di grotte calcaree. Al termine dell’era glaciale, l’innalzamento delle acque sommerse le grotte e ne causò il crollo strutturale, generando la forma attuale. Sul suo fondo, nel corso di 20.000 anni, si sono depositati strati di sedimenti, veri e propri archivi geologici degli eventi estremi che hanno colpito la regione.

Nel 2022, l’équipe scientifica tedesca ha prelevato un campione di sedimenti lungo 30 metri. L’ambiente privo di ossigeno, insieme alla stratificazione delle acque, ha permesso la deposizione indisturbata dei sedimenti, simili agli anelli di crescita di un albero. Ogni strato raccontava un frammento della storia climatica del luogo.
Gli scienziati hanno analizzato in particolare i “tempestiti”, sedimenti più grossolani e chiari che indicano il passaggio di forti tempeste. L’analisi ha permesso di identificare 694 eventi ciclonici negli ultimi 5.700 anni, con una tendenza netta all’aumento della frequenza. Se in passato si registravano mediamente 4-16 eventi ciclonici per secolo, negli ultimi 20 anni se ne sono verificati già 9, suggerendo che nel XXI secolo potrebbero verificarsi fino a 45 cicloni, ben oltre la media storica.
Questo drammatico incremento è legato a due fattori principali. Da un lato, il riscaldamento globale iniziato con l’epoca industriale ha fornito l’energia necessaria alla formazione di tempeste più frequenti e violente. Dall’altro, lo spostamento verso sud della zona di convergenza intertropicale (ITCZ) – una fascia climatica che regola la formazione dei cicloni – sta modificando la traiettoria e la densità degli eventi estremi nel sud-ovest dei Caraibi.
Secondo i ricercatori, i cambiamenti registrati non possono essere attribuiti a semplici cicli naturali. Le fluttuazioni di frequenza ciclonica osservate nel corso dei millenni si correlano con i periodi più caldi della storia climatica terrestre. Tuttavia, l’attuale impennata supera di gran lunga qualsiasi variazione storica naturale, segno evidente dell’influenza dell’uomo sul clima globale.
Il Great Blue Hole, oltre ad affascinare per la sua bellezza e biodiversità, si rivela dunque un testimone silenzioso ma potentissimo dell’evoluzione atmosferica e dei pericoli imminenti legati al cambiamento climatico.