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Home » Attualità » Bombe nucleari in Italia, quante sono e dove sono?

Bombe nucleari in Italia, quante sono e dove sono?

Le stime sulle bombe nucleari in Italia: ecco il numero ipotizzato dalla stampa e i luoghi in cui sono collocati gli ordigni atomici.
Simone FrigerioDi Simone Frigerio24 Agosto 2023
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ordigno b61
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In Italia sono presenti bombe nucleari, e sebbene il numero degli ordigni non sia stato divulgato in via ufficiale, si ipotizza che corrisponda 100 unità, divise divise non equamente tra le basi militari statunitensi di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia). Si tratta di dati non ufficiali, basati su indiscrezioni diffuse da testate giornalistiche.

Come noto, l’Italia non produce né possiede armi atomiche proprie; all’interno della NATO gli unici paesi con arsenale atomico proprio sono gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia. L’Italia, insieme a Germania, Belgio, Olanda e Turchia, partecipa al cosiddetto “nuclear sharing program“, un accordo secondo cui i paesi sottoscrittori forniscono appoggio logistico per lo stoccaggio e l’eventuale trasporto aereo di ordigni nucleari, che ad ogni modo restano sotto l’esclusivo controllo statunitense. Ogni paese ospitante deve giocoforza dunque fornire il supporto aereo di velivoli “a doppia capacità”, ovvero in grado di trasportare sia ordigni comuni che bombe atomiche.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Messaggero, le 20 testate conservate a Ghedi sarebbero compatibili con i Tornado, caccia di fabbricazione europea, la cui flotta è in via di sostituzione con quella, più tecnologicamente avanzata, degli F35 statunitensi (al momento l’Italia ne possiede circa una novantina); nella base di Aviano, invece l’ottantina di ordigni B-61,  con una potenza variabile, per quanto riguarda gli esemplari italiani, tra i 40 e i 60 chilotoni (circa due volte la potenza dell’ordigno esploso su Nagasaki) sono compatibili con i caccia F15E e F16 in dotazione all’aviazione americana.

A margine ricordiamo che in Italia il programma nazionale di sviluppo atomico è stato interrotto nel 1975, con la ratifica del trattato di non proliferazione nucleare; alla base della decisione, l’instabile clima politico dell’epoca e gli elevati costi (nell’ordine dei 6 miliardi di lire, circa 3 milioni di euro attuali)

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