Quando nel dicembre del 2011 il mondo lo vede affacciarsi per la prima volta da leader assoluto della Corea del Nord, Kim Jong-un appare come una figura enigmatica. Poco più che trentenne, il ragazzo destinato al trono prende in mano le redini di un Paese chiuso, militarizzato e fortemente legato al mito dinastico della famiglia Kim. Figlio di Kim Jong Il e nipote del fondatore Kim Il Sung, Kim Jong, dunque, diventa subito il grande successore, un titolo che non lascia spazio a dubbi. Il potere, infatti, non si trasmette per merito o consenso, ma per sangue.
La sua ascesa è rapidissima. Nel giro di pochi mesi, Kim assume le principali cariche dello Stato come segretario del Partito dei Lavoratori, presidente della Commissione per gli Affari di Stato e comandante supremo dell’esercito. In breve tempo, consolida il suo ruolo anche grazie a una politica che intreccia repressione interna e propaganda, mantenendo vivo il culto della personalità iniziato dal nonno e mai scalfito dal passare delle generazioni.

Il suo nome, però, è legato soprattutto al programma nucleare nordcoreano. Nei primi anni di potere, infatti, accelera test missilistici e detonazioni sotterranee, culminati nel 2017 con l’annuncio di un test di bomba a idrogeno. Una sfida che mette Pyongyang al centro della scena internazionale e alimenta tensioni con gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone. La sua immagine pubblica oscilla tra quella del dittatore minaccioso e quella del negoziatore inaspettato. Nel 2018, infatti, Kim sorprende il mondo incontrando Donald Trump a Singapore, il primo storico faccia a faccia tra un leader nordcoreano e un presidente americano in carica.
Accanto alla dimensione internazionale, però, c’è anche un altro Kim Jong Un, quello che parla al suo popolo. Le apparizioni pubbliche, studiate nei minimi dettagli, lo ritraggono accanto a fabbriche modello, campi agricoli, scuole e ospedali. Ogni visita, fatta a bordo del suo treno, serve a rafforzare l’idea di un leader vicino alla gente, capace di incarnare la forza della nazione. Negli ultimi anni, poi, ha puntato molto anche sull’immagine familiare. Sua moglie si chiama Ri Sol-ju e raramente compare al suo fianco. Pare che la coppia abbia tre figli, non è chiaro se tra questi tre c’è anche il maschio destinato a garantire la prosecuzione della stirpe politica. Con ogni probabilità, a Pechino, si è presentato con la figlia Ju-ae, rafforzando le ipotesi che possa essere lei a succedere al padre.
A febbraio ha reso omaggio alla tomba del padre, in una visita trasmessa in tutto il Paese, mentre in estate ha inaugurato un enorme complesso turistico a Wonsan, presentato come unico al mondo. Oggi parteciperà alla grande parata militare di Pechino organizzata dalla Cina per celebrare la resa del Giappone.