Suor Anna Monia Alfieri è una religiosa e istitutrice italiana, specializzata sui temi relativi all’educazione. Nata a Nardò nel 1975, da giovane sogna di entrare in magistratura, ma l’omicidio dell’assessore all’istruzione del suo comune di nascita, Renata Fonte, avvenuto nel 1984, la spinge ad inserire nella propria missione la scuola e gli aspetti educativi. Dopo aver preso i voti perpetui nel 2001, presso la Congregazione delle Suore di Santa Marcellina, si trasferisce a Milano dove, nel 2001, consegue una prima laurea in Giurisprudenza, per poi bissare con un titolo in Economia, nel 2007. e concludere il suo percorso universitario con il conferimento del Diploma in Scienze Religiose.
Dal 2016 fa parte della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI; collabora inoltre con la Divisione Enti non Profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano, per l’organizzazione dei corsi di Alta Formazione (in management e alta dirigenza scolastica) per gli Istituti Religiosi; è rappresentante legale dell’Ordine delle Marcelline, e autrice di svariati volumi e contributi sul tema del diritto all’istruzione per tutti, fra cui ricordiamo Il pluralismo educativo (2023) e Andare a scuola e uscire imparati (2023)
Sul suo sito, da cui è possibile acquistare le sue opere e leggere alcune sue citazioni, Alfieri delinea la sua idea di scuola come diritto inalienabile per tutti, a prescindere dalla condizione economica di partenza. Nella quarta di copertina del saggio collettivo Il Diritto di Apprendere (2015) si legge infatti: ”
In Italia, a quindici anni dalla legge n. 62/2000, che ha definito il Servizio Nazionale di Istruzione costituito dalla scuola pubblica statale e paritaria, la famiglia non ha ancora il pieno esercizio della libertà di scelta in un reale pluralismo educativo.
Per fare un passo avanti decisivo, di civiltà e di diritto, si propone di introdurre il criterio del costo standard per allievo nell’unico Sistema Nazionale di Istruzione, nel quale vivano, collaborino e competano, sulla frontiera della “qualità educante”, scuole statali e scuole paritarie, entrambe riconosciute come istituzioni pubbliche al servizio della persona.
Il risultato finale? Lo Stato spenderebbe molto meno, come il presente saggio dimostra: evidenza forse persuasiva, in ordine alle ragioni dell’economia che si coniugano con quelle del diritto, come previsto dalla Costituzione Italiana, per una democrazia pienamente realizzata
Una teoria riassumibile nell’espressione “pluralismo educativo”; la religiosa, in una lunga intervista a Orizzonte Scuola, spiega così i capisaldi del progetto che la vede impegnata da anni, e al cui centro ha posto la rivalutazione, sociale ma soprattutto economica, degli istituti scolastici paritari: “Pluralismo educativo significa garantire ai genitori, in virtù del loro diritto proprio di educare la prole e in ragione del fatto che, in quanto cittadini, pagano le tasse, la possibilità di scegliere liberamente, ossia a costo zero, la scuola per i loro figli. L’istruzione, come più volte l’Europa ci ha ricordato, è un servizio pubblico, indipendentemente da chi lo gestisce. Come realizzare questo diritto? Semplicemente: alle famiglie dovrebbe essere garantita una quota capitaria da spendere per l’istruzione dei figli presso una scuola pubblica, statale o paritaria.
“In tutti i Paesi europei i cittadini scelgono liberamente fra una scuola statale e una scuola paritaria, entrambe pubbliche, a costo zero, avendo già pagato le tasse. Si tratta di un modello che favorisce il pluralismo, la libertà di scelta educativa dei genitori, il diritto di apprendere degli studenti, la libertà di insegnamento dei docenti, in sostanza un sistema scolastico di qualità; una scuola basata sul riconoscimento della libertà educativa costituisce un antidoto contro ogni forma di oppressione e violenza, in tutti i campi e in tutte le forme.
La scuola deve essere libera, per tutti: studenti, genitori, docenti. Solo una scuola autenticamente libera può generare autentiche libertà.
“La scuola pubblica paritaria non chiede soldi per sé ma chiede che sia riconosciuta ai genitori una quota da spendere per l’istruzione dei figli, una quota che può essere spesa presso una scuola pubblica statale o una scuola pubblica paritaria, all’interno di una attenta rendicontazione e sotto lo sguardo dello Stato, controllore e garante e non più gestore pressoché unico del sistema di istruzione e controllore di se stesso.”
Suor Alfieri è anche molto attiva sui social, con account FB, Twitter e Instagram, dove condivide pensieri o interventi che la riguardino, pubblicati su vari quotidiani. Chiamata dal ministro dell’Istruzione Valditara nella squadra di garanti per l’implementazione di un percorso dell’educazione affettiva nelle scuole, aveva così risposto, tramite AdnKronos e La Stampa: “Sono onorata di essere stata scelta dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, quale garante, assieme a Paola Concia e Paola Zerman, per il progetto, voluto dal ministro stesso, riguardante l’educazione alle relazioni. Si tratta di un tema troppo importante per essere trattato in un’ottica divisiva o di parte. Come ha più volte chiarito il ministro, in questo progetto in nessun caso si parlerà di teorie gender. Chi lo afferma è quanto meno disinformato. Grazie al ministro e al governo per la fiducia: grazie al sostegno di cui mi sento circondata. Avanti tutta perché nessuno, uomo o donna che sia, possa essere più vittima della violenza“.
Grazie al progetto, “le ragazze avranno piena conoscenza di loro stesse e i ragazzi impareranno a rispettare loro stessi. Ora sono molto fragili, non sanno accettare i no e i fallimenti e quando si trovano davanti a un rifiuto o a una sconfitta, perdono la testa. In una società come la nostra dobbiamo bisogna che educhiamo i maschi a misurarsi con una donna libera, emancipata e competitiva“. E l’omosessualità? “Non può essere ignorata. E dove non c’è accettazione, bisogna condannare la violenza omofoba“. Tuttavia, “in una scuola non può passare il messaggio della teoria gender o LGBT perché sono argomenti che esulano da quel mondo. Questi temi spettano alle famiglie“.
Come noto, l’incarico di consulenza, esteso oltre che ad Alfieri anche all deputata democratica Paola Concia e alla giornalista Paola Zerman, è stato poi immediatamente revocato a seguito della forte opposizione di alcuni ambienti governativi. Al proposito, Alfieri ha commentato, serafica: “Provo una sana indifferenza sia alla nomina che alla revoca. Però quando c’è una buona idea bisogna portarla avanti e la violenza sulle donne è indicatore di una emergenza educativa. Sono curiosa e credo nel confronto tra diversi, nel dialogo nelle differenze. Bisogna lanciare ponti. Rifuggo dall’omologazione e dal rischio del pensiero unico. Non mi preoccupava“.