62 anni, leader politico di Hamas dal 2017, considerato tra i più importanti e pragmatici del movimento, Ismail Haniyeh è morto in un raid via drone su Teheran, in Iran. Il politico si trovava lì per partecipare alla cerimonia di insediamento del presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Al momento, non c’è stata alcuna rivendicazione dell’azione militare. Hamas, però, ha già minacciato risposte contro Israele.
Ismail Haniyeh nacque il 29 gennaio 1962 nel campo profughi Al-Shati di Gaza durante l’occupazione egiziana della Striscia. I suoi genitori erano rifugiati espulsi da Askalan, che in seguito divenne la città israeliana di Ashkelon.
Dopo aver studiato presso le scuole gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi, si laureò all’Università islamica di Gaza in lingua e letteratura araba. Qui, negli anni ’80 aderì al Blocco Studentesco Islamico considerato un precursore di Hamas.
Soprannominato Abu Abed, una sorta di Signor Rossi tipico della cultura araba, dal 2019 viveva a Doha, in Qatar, grazie all’asilo politico concesso.
La sua è sempre stata una figura politica più che d’azione. Tuttavia negli anni Haniyeh aveva anche conosciuto la prigionia, in un lasso di tempo compreso tra il 1987 e il 1989. Un nuovo arresto arrivò poi nel 1992, con successiva deportazione nel sud del Libano. L’anno successivo, Haniyeh divenne preside nell’Università Islamica di Gaza
Dell’organizzazione islamica fondamentalista, Haniyeh è stato una delle figure più importanti. Divenne ben presto stretto collaboratore del co-fondatore, il defunto sceicco Ahmed Yassin, ucciso dagli israeliani nel marzo del 2004.
Egli fu Primo Ministro dell’Autorità nazionale palestinese dal 2006 al 2007. La diplomazia internazionale, tuttavia, lo boicottò in massa, visto che non riconobbe gli accordi stipulati con Israele, da quello di pace a Oslo al riconoscimento dello Stato ebraico. Dal 2014 al 2017, inoltre, fu capo dell’amministrazione della Striscia di Gaza. Un anno dopo, Haniyeh fu nominato “terrorista globale” dagli Stati Uniti. Con Donald Trump alla presidenza americana, che riconobbe Gerusalemme come capitale di Israele, ci fu grande tensione tra Washington e i palestinesi.
Aveva 13 figli, tre dei quali morti, assieme a quattro nipoti, durante un attacco israeliano all’inizio dell’anno. Accolse la notizia con apparente freddezza. Come riportato da CNN disse:
“Chiunque pensi che prendere di mira i miei figli durante i colloqui negoziali e prima che venga concordato un accordo costringerà Hamas a fare marcia indietro sulle sue richieste, vaneggia“.