Padre Fedele Bisceglia, figura simbolo di Cosenza, si è spento all’età di 87 anni. Era da tempo ricoverato nel reparto di Geriatria dell’Inrca. Conosciuto come il “frate ultrà”, ha unito fede, solidarietà e passione per il Cosenza Calcio, lasciando un’impronta indelebile nella sua comunità.
Nato a Laurignano il 6 novembre 1937 e ordinato sacerdote nel 1964, fu superiore del Convento di Acri. La sua vita fu dedicata agli ultimi, agli emarginati, con un impegno che lo portò dalla Calabria alle missioni in Africa, dove fondò centri per bambini disabili, ospedali e villaggi per i più poveri.
A Cosenza, Padre Fedele creò l’Oasi Francescana, un rifugio per senzatetto e bisognosi, che divenne un emblema di carità (poi gestito dalla Fondazione Casa San Francesco). Anche dopo la sospensione dall’Ordine dei Cappuccini, continuò la sua opera con l’associazione “Il Paradiso dei Poveri”. La sua passione per il calcio lo rese celebre: in curva Sud, con il saio e la sciarpa rossoblù, tifava il Cosenza Calcio, coinvolgendo i tifosi in progetti di solidarietà. Negli anni ’80 organizzò il primo raduno nazionale degli ultras, promuovendo valori di lealtà e comunità. All’inizio quella figura sembrava piuttosto assurda in una curva, ma di lì a poco i tifosi lo avrebbero sostenuto.

La sua vita fu segnata da una vicenda giudiziaria. Nel 2006 fu accusato di violenza sessuale ai danni di una suora siciliana, sua ex collaboratrice, della Congregazione delle suore francescane dei poveri, ma nel 2015 la Corte d’Appello di Catanzaro lo assolse pienamente. In un’intervista al Corriere della Calabria nel 2023 ha dichiarato:
“Ho perdonato tutti, ma prima di morire vorrei guardare negli occhi la suora che mi ha accusato. Vorrei dirle che l’ho perdonata, per morire con serenità nel cuore“.
Parlando del carcere ha aggiungo:
“La prima notte in carcere. Stanza numero 10, Madonna mia che nottata. Ero stordito, incredulo. Come sono arrivato qui? Che ho fatto? Mi chiedevo“.
Nonostante l’assoluzione, la sospensione a divinis, che gli impediva di celebrare Messa, rimase un dolore profondo. Poco prima della morte, il vescovo di Cosenza, Giovanni Checchinato, aveva promesso di restituirgli questa possibilità, ma il frate non ha potuto realizzarla.